Quando la falsa dichiarazione sul reddito mira a ottenere l'esenzione dal contributo unificato, il reato configurabile è quello di indebita percezione di erogazioni pubbliche a danno dello Stato (art. 316-ter cp) e non di falsità ideologica (art. 483 cp). Tale esenzione, infatti, comporta un indebito vantaggio economico a spese della collettività.
Con la sentenza n. 40872 del 7 novembre 2024, la Corte di cassazione, Quarta sezione penale, ha annullato "perché il fatto non è previsto dalla legge come reato" la pronuncia di assoluzione per particolare tenuità del fatto disposta dalla Corte d'appello nei confronti di un'imputata, accusata del delitto di cui all'art. 483 del Codice penale.
La donna era stata accusata di aver dichiarato un reddito inferiore a quello reale in una dichiarazione sostitutiva di certificazione, al fine di ottenere una riduzione del contributo unificato per una causa di lavoro.
L'imputata aveva proposto ricorso per Cassazione contro la richiamata sentenza, deducendo inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 316-ter e 483 del Codice penale.
Secondo la ricorrente, la decisione di merito aveva erroneamente qualificato la sua condotta nel reato di falsità ideologica (art. 483 cp), condotta che doveva invece essere ricondotta nel reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche (art. 316-ter cp).
Il reato di falsità ideologica, in particolare, punisce chi, in atti pubblici o certificazioni, attesta fatti non veri, inducendo in errore la pubblica amministrazione o creando documenti ufficiali con contenuto falso.
Risponde del reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche, invece, chi ottiene, senza averne diritto, sovvenzioni, contributi o vantaggi economici dallo Stato o enti pubblici, tramite dichiarazioni false o documenti ingannevoli.
La difesa dell'imputata
Per la difesa dell'imputata, una condotta volta ad ottenere, dichiarando un reddito inferiore, un provvedimento di esenzione dal pagamento di una somma in favore dello Stato, sarebbe equivalente al conferimento di una somma di denaro a titolo di contributo, poiché, anche in detta ipotesi, il richiedente ottiene un indebito vantaggio a carico della collettività.
Nel caso di specie, peraltro, la ricorrente aveva ottenuto un risparmio di soli 43 euro, pari all'importo del contributo unificato che avrebbe dovuto corrispondere ove avesse dichiarato il proprio reale reddito.
Non era stata superata, ciò posto, la soglia di punibilità del delitto di indebita percezione di erogazioni pubbliche, individuata nella somma di euro 3.999,96, ed era stata integrata, quindi, una mera violazione amministrativa ai sensi dell'art. 316 - ter, secondo comma, c.p.
La Suprema corte ha giudicato fondato il ricorso dell'imputata.
Nella propria disamina, la Cassazione ha richiamato quanto chiarito dalle Sezioni Unite con sentenza n. 16568/2007, secondo la quale un fatto astrattamente riconducibile al delitto di falsità ideologica (art. 483 cp) è assorbito in quello di indebita percezione (art. 316-ter cp) quando la dichiarazione falsa è finalizzata ad ottenere un'indebita erogazione pubblica.
Le Sezioni Unite, inoltre, in una successiva sentenza e risolvendo un precedente contrasto interpretativo, hanno precisato che costituisce reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato la falsa dichiarazione sul reddito volta a ottenere l'esenzione dal pagamento del ticket sanitario, se tale esenzione viene concessa in base alla dichiarazione stessa.
Tale pronuncia, in particolare, ha precisato che si realizza un'erogazione in danno dello Stato anche in assenza di un'elargizione quando il richiedente ottiene un vantaggio economico che viene posto a carico della comunità (sentenza n. 7537/2011).
Nel solco delle indicazioni delle Sezioni Unite, si è ad esempio ritenuto, nella giurisprudenza successiva, che integra il delitto di indebita percezione la condotta del datore di lavoro che, esponendo falsamente di aver corrisposto somme a titolo di indennità per maternità, ottenga dall'INPS il conguaglio di tali somme con quelle da lui dovute a titolo di contributi previdenziali e assistenziali così percependo indebitamente dallo stesso Istituto, in forma di risparmio di spesa, le corrispondenti erogazioni (sentenza n. 7963/2020).
Di conseguenza, la Cassazione ha affermato, per la stessa ratio, il seguente principio di diritto:
Come evidenziato dalla ricorrente, inoltre, nella fattispecie concreta il vantaggio economico ottenuto era pari all'importo di 43 euro, inferiore alla soglia di punibilità del delitto di cui all'articolo 316 ter, in forza di quanto previsto dal secondo comma della stessa norma.
Anche in questa ipotesi, nonostante il fatto avesse dato luogo solo ad una violazione amministrativa, il reato di falso previsto dall'articolo 483 codice penale restava assorbito in quello di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato.
La sentenza impugnata, in definitiva, è stata cassata, senza rinvio, "perché il fatto non è previsto dalla legge come reato".
Sintesi del caso | Una donna ha dichiarato un reddito inferiore al reale per ottenere l’esenzione dal contributo unificato in una causa di lavoro, ottenendo così un risparmio di 43 euro. |
Questione dibattuta | Se la falsa dichiarazione sul reddito configuri il reato di falsità ideologica (art. 483 c.p.) o di indebita percezione di erogazioni pubbliche (art. 316-ter c.p.) e se il risparmio minimo configuri reato. |
Soluzione della Cassazione | La Cassazione ha stabilito che tale condotta rientra nel reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche (art. 316-ter c.p.), ma non costituisce reato se il risparmio ottenuto è inferiore alla soglia di 3.999,96 euro. |
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