Contributi minimi alla Cassa Forense. Non violano la Costituzione

Pubblicato il 10 aprile 2015 Con provvedimento del 4 aprile 2015, il Tribunale di Udine ha respinto il ricorso ex 700 c.p.c. proposto da un avvocato, avverso la delibera con cui era stato iscritto d’ufficio alla Cassa Forense – pur se percepiva un reddito “sotto la soglia”- con conseguente suo obbligo di contribuzione minima (anche in riferimento all’annualità precedente oltre che a quella in corso).

Eccepiva il ricorrente, in punto di diritto, come detta delibera fosse in contrasto con gli articoli 23 e 53 della Costituzione nonché con i principi di diritto comunitario, atteso che la richiesta di contribuzione minima – da pretendersi eventualmente solo in forza di legge –si palesava indipendente dal reddito percepito, irragionevole e retroattiva, nonché in violazione dei principi di capacità e progressività contributiva.

Lamentava al pari l’avvocato, il presunto contrasto con l’art. 33 Costituzione, essendo il libero esercizio della professione collegato al solo superamento dell’esame di Stato e non anche al raggiungimento di un determinato reddito.

Con la sentenza in esame il Tribunale, rigettando la domanda cautelare, ha respinto una ad una tutte le doglianze di legittimità sollevate dal ricorrente ed ha precisato, in particolar modo, come l’obbligo di contribuzione minima – discendente direttamente da una legge di rango primario- sia pienamente rispettoso dei principi di proporzionalità al reddito e non sia affatto considerato alla stregua di presupposto legittimante la professione (ma eventualmente, come conseguenza del presupposto di imposizione contributiva costituito da tale esercizio).

Il Tribunale ha inoltre respinto l’ulteriore censura circa la tardività dell’emanazione del regolamento attuativo della Legge 247/2012 - volto a rimodulare i contributi minimi di chi non raggiunge i parametri reddituali- posto che il termine di un anno dall’emanazione della citata Legge, non ha natura perentoria.

Allo stesso modo, sono state respinte anche le affermazioni in ordine al periculum in mora, dato che la modesta entità delle prestazioni richieste, non rendeva ravvisabile alcun pregiudizio grave ed irreparabile per il ricorrente ed anche il presunto rischio della sua cancellazione dall’Albo, sarebbe stato agevolmente evitato con un esborso di modesta misura.
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