La comune pratica che prevede di nominare una terza persona, che subentra nell’atto di cessione di un fabbricato e che si sostituisce all’acquirente nel momento dell’atto notarile, rischia di incontrare seri ostacoli dopo la rigida interpretazione fornita da parte dell’agenzia delle Entrate. La fattispecie è stata fatta oggetto di analisi nella risoluzione n. 212/E/2009, e in quella sede si è osservato che le parti avevano individuato il termine per la nomina del terzo, ai sensi degli articoli 1401 e seguenti del Codice civile, “al momento del rogito notarile”, per cui la parte promissaria acquirente si riservava la facoltà di nominare la persona che avrebbe dovuto acquistare i diritti e assumere gli obblighi del contratto preliminare alla consegna dell’immobile e, comunque, entro i trenta giorni dall’avvenuta comunicazione della parte promittente. L’Agenzia ha contestato la circostanza che la locuzione “al momento del rogito notarile” non sia una data precisa e certa, con la conseguenza che il contratto avrebbe effetto tra gli originari contraenti, senza possibilità per il cedente di emettere note di variazione.
Di fatto, la parte contraente può, in questo modo, sostituire a sé un terzo, anche in un termine diverso dai soli tre giorni previsti dal Codice civile all’articolo 1402, rifacendosi alla consolidata giurisprudenza che prevede che possa essere pattuito un diverso termine che, in ogni caso, deve essere “certus an et quanto”, non riconoscendo valida alcuna altra individuazione generica e indeterminata. La conclusione della risoluzione agenziale è che il termine fissato, a differenza di quanto affermato dall’istante, non si trasforma in un termine certo dato che nel contratto preliminare il rogito notarile non è determinato in un certo numero di giorni o in una scadenza fissa, ma solo al momento della consegna e comunque entro i trenta giorni dell’avvenuta comunicazione da parte della parte promettente venditrice (Ppv). Di conseguenza, si deve riconoscere che il termine fissato dalle parti per la nomina del terzo è da considerare del tutto incerto, mentre il contratto ha comunque prodotto i suoi effetti fra i contraenti originari ai sensi dell’articolo 1405 del C.c.. Per tali ragioni, non si può applicare alla indicata fattispecie la procedura di variazione dell’Iva così come disciplinato all’articolo 26 del Dpr 633/72.
Ammettere, come fanno le Entrate, che il contratto abbia in ogni caso prodotto i suoi effetti tra i contraenti originari lascia irrisolti molti interrogativi, non solo ai fini delle imposte indirette ma anche di quelle dirette. I maggiori dubbi riguardano soprattutto la gestione dell’Iva. In caso di regolare designazione del terzo, come previsto dalla risoluzione n. 212/E, la procedura corretta sarebbe quella secondo cui il cedente, che ha già fatturato in acconto l’imposta, provvede ad emettere nota di credito nei confronti dello stipulante, senza tener conto del limite temporale di un anno, dato che si tratta di un accordo già previsto nel contratto iniziale. Se, però, la nomina del terzo non avviene regolarmente, la situazione diventa più complessa. L’invalidità del contratto preliminare di nomina del terzo fa qualificare la fattispecie come una prestazione di servizi, che lo stipulante deve fare con aliquota ordinaria al contraente designato, che nel caso fosse un soggetto privato non potrebbe invocare a suo favore i benefici “prima casa”.
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