Sul sito internet della categoria dei Consulenti del Lavoro è disponibile alla lettura il primo rapporto del 2016 sulle cessazioni dei contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti, nel quale questi risultano diminuiti del 6% rispetto ai contratti stipulati prima del Jobs Act; 9% rispetto ai contratti stipulati prima del 2014.
Nel rapporto dell’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro, i professionisti analizzano l’incidenza delle cessazioni dei detti contratti durante il primo anno di loro applicazione.
IL RAPPORTO del 2016
L’analisi risponde con accuratezza al quesito sulla tenuta dei nuovi contratti a tempo indeterminato, poiché le recenti informazioni sull’aumento dei licenziamenti non consentono di verificare esattamente se le cessazioni abbiano interessato i contratti a tempo indeterminato stipulati prima del 7 marzo 2015, data di entrata in vigore del regime a tutele crescenti.
Il documento pone, nel dettaglio, a confronto le cessazioni dei contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti stipulati nel 2015 con le cessazioni dei contratti analoghi stipulati negli anni in cui vigeva l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori.
Ad un anno di vita, quanto emerge dal rapporto dell'Osservatorio Statistico dei CdL, é che sono cessati il 38,4% dei contratti a tutele crescenti, a fronte del 44,4% degli attivati nel 2014 e del 47,4% della media dei contratti stipulati tra il 2011 e il 2013. Pertanto, leggiamo, con il regime delle tutele crescenti i contratti a tempo indeterminato si interrompono in misura inferiore rispetto agli analoghi contratti attivati nel 2014 (-6 punti percentuali) e rispetto alla media dei contratti registrata negli anni 2011-2013 (-9 punti percentuali).
LE CAUSE
I motivi che hanno determinato le cessazioni: l’11,8% dei contratti a tutele crescenti si è concluso per motivi economici con una flessione di 2 punti percentuali rispetto al 2014 e con un -3,4% rispetto alla media del triennio 2011-2013; suii contratti a tutele crescenti cessati per motivi disciplinari, l’Osservatorio evidenza, viceversa, che hanno riguardato solo l’1,2% dei casi, sostanzialmente in linea con il 2014 (1,1%) e in riduzione dello 0,4% rispetto alla media del periodo sopra considerato, ovvero i tre anni dal 2011 al 2013 (1,7%).
Con il contratto a tutele crescenti, però, sono i giovani fino a 24 anni a registrare la più alta probabilità di rimanere a lavoro: rispetto al 2014, le cessazioni diminuiscono del 10% per questa fascia d’età e dell’8% nella fascia di età compresa tra i 25 e 34 anni.
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