Nel contratto di fornitura di lavoro temporaneo, l’impresa utilizzatrice non può omettere di indicare la relativa causale – ossia, la motivazione che giustifica l’apposizione del termine – né può indicarla in maniera generica, limitandosi a riprodurre il contenuto della previsione normativa. In tal caso la sanzione è la illegittimità del contratto e la conseguente instaurazione con l’utilizzatore, a tutti gli effetti, di un rapporto a tempo indeterminato.
Analogo ragionamento deve farsi per quanto concerne l’ipotesi di somministrazione di lavoro, per cui l’astratta ammissibilità della causale indicata nel contratto in questione, non è sufficiente a rendere legittima l’apposizione di un termine al rapporto, dovendo in concreto sussistere una ragione riconducibile a quella indicata nel contratto medesimo; vale a dire una rispondenza tra la causale enunciata e la concreta assegnazione del lavoratore a mansioni ad essa confacenti. Ed anche qui opera, quale sanzione, la nullità del contratto di somministrazione, con conseguente trasformazione in contratto di lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze dell’utilizzatore.
E’ tutto quanto si legge nella ordinanza n. 20146 resa dalla Corte di Cassazione, sezione lavoro, il 22 agosto 2017, nell’ambito di una controversia insorta tra Poste Italiane S.p.a. ed alcuni lavoratori, con cui aveva stipulato contratti di lavoro temporanei, per l’appunto trasformati in contratti a tempo indeterminato, stante la genericità della causale originariamente indicata.
Ai sensi dell'individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei dati personali - Regolamento (UE) n.2016/679 (GDPR)
Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti legati alla presenza dei "social plugin".