Contratto di consulenza: il termine integra deroga alla facoltà di recesso

Pubblicato il 10 settembre 2018

La predeterminazione di un termine di durata del contratto può integrare la rinuncia del cliente a recedere dallo stesso.

Questo è il principio di diritto che si ricava dall’ordinanza n. 21904 del 7 settembre 2018 della Corte di Cassazione, con la quale viene affrontato un caso di disdetta di un contratto di consulenza.

Nella pronuncia viene richiamato l’articolo 2237, comma 1, del Codice civile che consente al cliente di “recedere dal contratto, rimborsando al prestatore d’opera le spese sostenute e pagando il compenso per l’opera svolta”.

Disdetta del contratto oltre il termine

Il caso di specie riguardava un contratto sottoscritto tra le parti avente ad oggetto prestazioni professionali di consulenza del lavoro consistenti in servizio gestioni paghe ed una durata biennale, rinnovabile tacitamente in assenza di disdetta entro tre mesi dalla scadenza mediante invio di raccomandata.

Il cliente ha comunicato la rescissione del contratto oltre il termine di scadenza pattuito, ma in sede di merito la Corte d’Appello aveva ritenuto che la comunicazione fosse idonea, ai sensi dell’art. 2237 C.c., a determinare la risoluzione del rapporto, in quanto – sempre secondo tale Corte territoriale - né l’apposizione di un termine alla durata del contratto né la pattuizione di tacito rinnovo contenuta nello stesso potevano implicare una tacita rinuncia alla facoltà di recesso del cliente. A ciò, aveva poi aggiunto che anche se il fax con cui veniva comunicato il recesso del contratto fosse stato ricevuto dopo la scadenza del termine pattuito per la disdetta, era tuttavia idoneo, sempre ai sensi del citato articolo 2237, a determinare la risoluzione del rapporto.

Avverso tale sentenza è stato proposto ricorso per Cassazione.

Un termine alla durata del contratto può integrare rinuncia da parte del cliente

La Suprema Corte di Cassazione accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata richiamando nelle sue motivazioni precedenti pronunce di merito e di legittimità, secondo le quali, “in tema di prestazione d’opera intellettuale (nel quale si deve far confluire l’attività di prestazioni professionali di consulenza del lavoro), la facoltà di recesso ad nutum prevista dall’articolo 2237 C. c. non abbia carattere inderogabile e come l’apposizione di un termine finale, in mancanza di pattuizioni diverse, valga a determinare in modo vincolante la durata del rapporto, con la conseguenza che in caso di recesso unilaterale del contratto da parte del committente, il prestatore ha diritto al compenso contrattualmente previsto per tutta la durata del rapporto”.

A ciò si deve aggiungere un ulteriore principio che si è andato consolidando nella giurisprudenza della Corte, secondo cui “(…) anche l’apposizione di un termine ad un rapporto di collaborazione professionale continuativa può essere sufficiente ad integrare la deroga pattizia alla facoltà di recesso così come disciplinata dalla legge, senza che a tal fine sia necessario un patto specifico ed espresso”.

Pertanto, secondo la Cassazione, la predeterminazione di un termine di durata del contratto può integrare rinuncia da parte del cliente al recesso ove dal complessivo regolamento negoziale possa inequivocabilmente ricavarsi la volontà delle parti di vincolarsi per la durata del contratto.

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