Contratto a termine e apprendistato: gli orientamenti applicativi dei CdL

Pubblicato il 19 giugno 2014 Il 12 giugno 2014 la Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro ha emanato la circolare n. 13, con cui ha fornito alcuni indirizzi applicativi sulla Legge di conversione del D.L. n. 34/2014, n. 78/2014, in attesa delle interpretazioni del Ministero del Lavoro.

Il contratto a termine

Innanzitutto, la Fondazione Studi ricorda come sia stato liberato dal vincolo delle causali il contratto a termine, anche se sottolinea l’opportunità per le aziende di individuare comunque una causale quando necessario (è il caso, a titolo di esempio, della non applicazione dei limiti quantitativi fissati dalla legge o dal CCNL - ragioni sostitutive o di stagionalità).

Altro punto evidenziato dalla circolare è il limite della durata massima del singolo contratto, che non può ormai superare i 36 mesi complessivi, comprese le eventuali proroghe, a prescindere dalle mansioni esercitate dal lavoratore.

E’, tuttavia, possibile derogare al limite dei 36 mesi per i contratti a termine avviati tra istituti pubblici di ricerca, ovvero enti privati di ricerca, e lavoratori chiamati a svolgere in via esclusiva attività di ricerca scientifica o tecnologica, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione della medesima (art. 10, comma 5-bis, D. Lgs. 368/2001); infatti, questa particolare tipologia di contratto può avere una durata pari a quella del progetto di ricerca cui si riferisce.

L’apposizione del termine deve, inoltre, risultare, direttamente o indirettamente, da atto scritto.

Per quanto concerne il calcolo del limite del 20%, viene ricordato che la percentuale va calcolata sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione.

Il limite percentuale vale per tutti i datori di lavoro che occupano più di 5 dipendenti, mentre i datori che impiegano fino a 5 dipendenti possono assumere un lavoratore a tempo determinato.

Nel computo dei lavoratori a tempo indeterminato, la Fondazione ritiene possano essere compresi gli apprendisti ed i lavoratori intermittenti a tempo indeterminato con diritto all’indennità di disponibilità, mentre i lavoratori part-time dovrebbero essere computati in proporzione all’orario svolto, rapportato al tempo pieno.

Qualora, calcolando il 20%, risulti un numero decimale, la circolare suggerisce di applicare il criterio di assunzione del numero intero di lavoratori a tempo indeterminato full time e per il decimale un tempo determinato part-time (ad es., nel caso in cui il risultato sia 6,4: 6 lavoratori potrebbero essere assunti a termine full time ed un’unità a termine part time al 40%, per coprire il decimale dello 0,4).

Importante è la specifica per cui il limite del 20% riguarda, adesso, esclusivamente i contratti a termine e non più la sommatoria di questi ultimi con i contratti di somministrazione a tempo determinato stipulati dal medesimo datore di lavoro.

Poiché, poi, la norma afferma che in sede di prima applicazione del limite percentuale conservano efficacia, ove diversi, i limiti percentuali già stabiliti dai vigenti contratti collettivi nazionali di lavoro, per i Consulenti del Lavoro la stessa va interpretata nel senso di garantire l’immediata applicabilità delle nuove disposizioni, fermi restando i limiti contrattuali ad oggi esistenti.

Quindi, nel momento in cui i contratti collettivi nazionali procederanno al loro rinnovo, terminerà la fase di“prima applicazione” e si entrerà nella regolamentazione“a regime”.

Relativamente ai contratti di prossimità che hanno regolamentato in maniera autonoma i contratti a termine, si ritiene che gli stessi possano continuare ad essere la fonte regolamentatrice dei rapporti a termine, compresi quelli avviati dal 21 marzo 2014.

La proroga è ammessa fino a 5 volte nell’arco dei complessivi 36 mesi ed indipendentemente dal numero dei rinnovi, per cui non vi è dubbio che il tetto delle 5 proroghe non si riferisca ad ogni singolo contratto a termine stipulato tra le parti ma all’intero periodo di tempo (36 mesi) indicato dalla norma.

La proroga deve, inoltre, riferirsi alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato.

La novità che interessa, invece, i rinnovi, è la previsione normativa per cui nel computo dei 36 mesi va considerato un precedente periodo di missione soltanto nel caso in cui si stia provvedendo ad avviare un nuovo contratto a termine e non viceversa, così come in passato era già stato chiarito in via interpretativa dal Ministero del Lavoro con la risposta all’interpello n. 32/2012.

Si ritiene, ancora, che la scelta del legislatore di sanzionare il superamento del limite solo con una sanzione amministrativa permette di escludere la conversione del rapporto.

Interessante è la constatazione per cui, poiché la sanzione si applica per ciascun mese o frazione di mese superiore a 15 giorni, l’avvio di contratti di durata non superiore a 15 giorni non potrà essere sanzionato.

Infine, per quanto concerne la disciplina transitoria è ormai chiaro che tutte le novità in materia di contratto a termine si applicano ai soli rapporti di lavoro costituiti a decorrere dal 20 maggio 2014 anche se sono fatti salvi gli effetti già prodotti tra il 21 marzo 2014 e il 20 maggio 2014.

In pratica, sottolinea la circolare della Fondazione Studi, è ritenuto legittimo quanto avvenuto nel periodo di conversione ma non tutte le disposizioni all’epoca vigenti saranno ritenute applicabili anche a partire dal 20/05/2014.

L’apprendistato

Per l’apprendistato si segnala che è stata reintrodotta l’obbligatorietà della redazione scritta e contestuale, alla stipula del contratto di apprendistato, del piano formativo individuale il quale può essere redatto in forma sintetica.

Per gli oneri di stabilizzazione, in sede di conversione è stato previsto che le aziende che occupano al momento dell’assunzione dell’apprendista almeno 50 dipendenti, possano assumere nuovi apprendisti solo se hanno, nei trentasei mesi precedenti, proseguito a tempo indeterminato almeno il 20% degli apprendisti dipendenti dallo stesso datore di lavoro.

Tuttavia, è legittimo il contratto di apprendistato che sia stato avviato durante il periodo 21 marzo 2014 – 19 maggio 2014 in violazione della clausole di stabilizzazione.

La norma riconosce, inoltre, al CCNL la facoltà di individuare limiti diversi dal 20% ma non la possibilità di modificare il limite dimensionale dei 50 dipendenti per l’applicazione della disciplina della stabilizzazione.

Per quanto riguarda, poi, l’apprendistato per l’acquisizione di una qualifica o diploma professionale, la circolare sottolinea l’inserimento nel Testo Unico della previsione in forza della quale al lavoratore va riconosciuto un trattamento economico che tenga conto delle ore effettivamente prestate e retribuisca le ore di formazione nella misura almeno del 35% rispetto al monte ore complessivo.

Per l’apprendistato professionalizzante o di mestiere, la Fondazione Studi ritiene che in pratica, alla luce delle modifiche apportate in sede di conversione:

- le aziende in caso di mancata comunicazione da parte delle Regioni entro i 45 giorni successivi all’instaurazione del rapporto di lavoro delle modalità di svolgimento dell’offerta formativa pubblica - anche con riferimento alle sedi e al calendario delle sedi previste - avranno la facoltà di effettuare la formazione pubblica;

- qualora tale comunicazione non dovesse essere notificata nei successivi 6 mesi (vale il giorno di notifica e non di spedizione), le stesse aziende sarebbero definitivamente esonerate dall’erogazione della formazione pubblica per tutta la durata del rapporto di apprendistato.

Norme e prassi

Art. 10, comma 5-bis, D. Lgs. 368/2001
Legge di conversione n. 78/2014 del D.L. n. 34/2014
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, interpello n. 32/2012
Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, circolare n. 13/2014
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