Contraddittorio tributario "anticipato" a base dell’accertamento fiscale

Pubblicato il 07 febbraio 2011 Più volte la Corte di Cassazione è intervenuta sulla materia del contraddittorio tributario “anticipato", cioè prima dell’emissione di atti impositivi, delineando sempre più i confini di una materia, quella del confronto, su cui la stessa legge non ha ancora posto la parola fine.

La Corte muove dal comma 5 dell’articolo 6 dello Statuto del contribuente, che invita l’Amministrazione finanziaria a chiamare il contribuente per ricevere dallo stesso i necessari documenti mancanti, nel caso in cui sussistano delle incertezze rilevanti in sede di accertamento, prima di procedere con l’iscrizione a ruolo di somme derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni. Il contribuente deve rispondere entro il trentesimo giorno dal ricevimento della richiesta. Ogni provvedimento emesso in violazione di tale disposizione è affetto da nullità.

Con la sentenza 26316/2010, la Suprema Corte ha riesaminato i casi in cui l’ufficio è obbligato ad invitare il contribuente se ci sono dubbi rilevanti sulla dichiarazione, sottolineando come tale obbligo valga solo nelle ipotesi di “incertezza”. Quest’ultima può essere intrinseca all’atto dal quale sorge la pretesa fiscale oppure estrinseca, derivando dal confronto dell’atto con i diversi dati a disposizione dell’ufficio. L’importante, comunque, è che vi sia tale elemento di incertezza, per obbligare l’Amministrazione a richiedere al contribuente ulteriori chiarimenti o a produrre nuovi documenti, pena la nullità dell’avviso di accertamento.

Tenuto conto di ciò, i Supremi giudici hanno sempre di più ravvisato la necessità di un contraddittorio anticipato, soprattutto in alcuni settori dell’ordinamento tributario, come in materia doganale o in caso di accertamento standardizzato con applicazione di parametri e studi di settore.

Proprio con riguardo agli studi di settore, la stessa Corte (sentenza 26635/2009) ha ribadito come la gravità, precisione e concordanza delle presunzioni da studi non derivi dalla legge, ma nasca proprio in sede di contradditorio da attivare obbligatoriamente con il contribuente, pena la nullità dell’accertamento. L’esito del contraddittorio deve, poi, entrare a far parte della stessa motivazione dell’accertamento, condizionandone la congruità. Dunque, proprio gli studi di settore hanno fatto da precursori, a livello normativo, del contraddittorio anticipato rispetto alla notifica dell’avviso di accertamento. Senza il riconoscimento di tale forma di contraddittorio, lo studio di settore si trasformerebbe da strumento di accertamento in strumento di determinazione del reddito, entrando così in contrasto con alcuni dei più importanti diritti costituzionali riconosciuti ai contribuenti.
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