Consulta su sospensione prescrizione per COVID: censure non fondate

Pubblicato il 19 novembre 2020

Secondo la Corte costituzionale, le norme sulla prescrizione penale introdotte dai Decreti legge nn. 18/2020 e 23/2020 in relazione all’emergenza Coronavirus non contrastano con l’articolo 25, secondo comma, della Costituzione né con i parametri sovranazionali richiamati dall’articolo 117, primo comma, della medesima Carta costituzionale.

E’ quanto si apprende da un comunicato dell’Ufficio stampa della Consulta, diffuso il 18 novembre 2020 dopo la camera di consiglio della Corte, riunitasi in pari data.

In questa sede, i giudici costituzionali hanno esaminato le questioni di legittimità sollevate dai Tribunali di Siena, di Spoleto e di Roma, con riguardo all’applicabilità della sospensione della prescrizione - prevista dai predetti decreti - anche nei processi per reati commessi prima dell’entrata in vigore delle nuove norme.

A detta dei rimettenti, la sospensione retroattiva della prescrizione per la stessa durata della sospensione dei termini processuali (ossia 9 marzo - 11 maggio 2020) si porrebbe in contrasto con il principio di irretroattività della legge penale più sfavorevole.

Nel comunicato, viene reso noto che la Corte costituzionale ha reputato le questioni sulla sospensione della prescrizione non fondate, non rilevando alcun contrasto con l’articolo 25, secondo comma, e con l’articolo 117, primo comma, della Costituzione.

Si resta in attesa del deposito della sentenza, previsto nelle prossime settimane.

La Cassazione sulla prescrizione penale per Covid

Si rammenta che già la Corte di cassazione, con sentenza n. 21367 del 17 luglio 2020, si era pronunciata sul dubbio di costituzionalità della norma sulla sospensione della prescrizione penale introdotta nell’ambito dell’emergenza COVID-19 dall’art. 83, comma 4, del Dl n. 18/2020.

Anche in questo caso, il rilievo sollevato atteneva al principio di irretroattività della legge sfavorevole di cui all’art. 25, comma 2 della Costituzione.

Gli Ermellini avevano concluso per la manifesta infondatezza delle censure ritenendo che la disposizione in esame non violasse il menzionato principio di irretroattività, costituendo “una misura sopportabile al principio della irretroattività della legge penale sfavorevole perché la causa di sospensione del corso della prescrizione è di applicazione generale, proporzionata e di durata temporanea".

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