Legittimo che ai lavoratori di piccole imprese, assunti prima dell’entrata in vigore del D. Lgs. n. 23/2015, non si applichi l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, bensì il regime di tutela del licenziamento individuale illegittimo, previsto per i contratti a tutele crescenti.
Questo, nel caso in cui il datore di lavoro abbia superato la soglia dimensionale di quindici lavoratori occupati nell’unità produttiva in conseguenza di assunzioni a tempo indeterminato avvenute successivamente all’entrata in vigore del decreto stesso.
Con sentenza n. 44 del 19 marzo 2024, la Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 3, del Decreto legislativo n. 23/2015 (Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti), sollevate, dal Tribunale di Lecce, in riferimento agli artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione.
La norma di riferimento era stata censurata per difformità rispetto al criterio di delega dettato dall’art. 1, comma 7, lettera c), della Legge n. 183/2014 (cosiddetto Jobs Act).
In dubbio, secondo il giudice rimettente, la compatibilità della scelta compiuta dal Legislatore rispetto all’oggetto della delega, circoscritto alle nuove assunzioni, ossia ai lavoratori "giovani", assunti a partire dal 7 marzo 2015.
Per effetto della disposizione censurata, in particolare, anche i lavoratori dipendenti di imprese di piccole dimensioni, già assunti alla data del 7 marzo 2015, sono stati ricompresi nel regime delle tutele crescenti, in concomitanza e in conseguenza di assunzioni aggiuntive a tempo indeterminato, successive all’entrata in vigore del decreto, e che comportino il superamento dei limiti dimensionali previsti dallo Statuto dei lavoratori.
Per questi lavoratori - non strettamente rientranti nell'ipotesi di nuovi lavoratori assunti - la decorrenza temporale di applicazione del decreto del 2015 dipende non già dalla data di assunzione, antecedente, ma dalla decisione datoriale di incrementare l’organico in epoca successiva al 7 marzo 2015.
Ebbene, le questioni sollevate sono state giudicate non fondate dalla Consulta.
Nella loro disamina, i giudici costituzionali hanno in primo luogo evidenziato come la previsione contenuta nel criterio di delega, secondo cui la disciplina che il legislatore delegato era chiamato ad attuare, riguardava le nuove assunzioni con contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, abbia di fatto legittimato l'assetto a cosiddetto “doppio binario”.
Ai sensi del predetto doppio binario, quindi:
In questa logica si colloca anche la particolare fattispecie dei lavoratori che erano già in servizio ma che non beneficiavano della tutela reintegratoria perché non era integrato il requisito occupazionale previsto, per i licenziamenti individuali, dall’ottavo e nono comma dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori.
Nel caso, infatti, di prestatori impiegati in piccole aziende, la tutela nei confronti dei licenziamenti illegittimi non era quella dettata dall’art. 18, ma solo quella indennitaria.
Il legislatore delegato, in tale contesto, aveva, nell’esercizio del potere di completamento della disciplina - per come riconosciuto dalla medesima Consulta sempre con riferimento alla delega dettata dal Jobs act (sentenza n. 22/2024) - il potere di regolare anche questa fattispecie particolare.
Il tutto, tenendo conto dello scopo della delega e del bilanciamento indicato dal legislatore delegante.
Con il suo intervento, quindi, il legislatore delegato ha completato il quadro della disciplina regolando anche la fattispecie del licenziamento individuale di dipendenti che, in ragione della mancata integrazione del requisito occupazionale, ricadevano, alla data del 7 marzo 2015, nell’area di applicazione della tutela solo indennitaria e per i quali, quindi, non esisteva un regime di tutela reintegratoria ex art. 18 da conservare.
In sintonia con lo scopo perseguito dalla delega di incentivare le nuove occupazioni, è stato così previsto, nella disposizione censurata, che il regime di tutela nei confronti dei licenziamenti debba essere quello contemplato dal decreto stesso e non già dall’art. 18 dello Statuto lavoratori.
Del resto, per il datore di lavoro - piccola impresa, la prospettiva che, superata la soglia dei 15 dipendenti nell’unità produttiva, la disciplina dei licenziamenti individuali fosse la stessa per tutti i suoi dipendenti - sia neoassunti, sia già in servizio - rappresentava uno stimolo a crescere nella dimensione aziendale.
Senza contare che grazie all'intervento in esame:
Da qui la declaratoria di non fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale, per come prospettate dal Tribunale di Lecce.
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