E’ stata depositata ieri la sentenza n. 195/2019 con cui la Corte costituzionale si è pronunciata su alcune delle disposizioni del Decreto n. 113/2019, cosiddetto “Decreto sicurezza”.
La censura di illegittimità costituzionale ha investito, in particolare, l’articolo 28, comma 1, del menzionato DL in tema di potere sostitutivo dei prefetti nelle attività di comuni e province.
Una previsione che la Consulta ha ritenuto lesiva dell’autonomia degli enti locali nonché contraria al principio di tipicità e legalità dell'azione amministrativa.
La norma in oggetto, si ricorda, aveva inserito, nell’articolo 143 del Testo unico degli enti locali (Tuel) sullo scioglimento dei consigli comunali e provinciali per infiltrazioni e condizionamenti mafiosi degli amministratori locali, un nuovo subprocedimento per l'attivazione dei poteri sostitutivi del prefetto sugli atti degli enti locali.
Era così previsto che, in caso di mancata emersione dei presupposti per l'esercizio del potere governativo di scioglimento dei consigli comunali e provinciali né di quelli per l'adozione di provvedimenti correttivi dell'azione dell'ente o sanzionatori dei dipendenti coinvolti nelle infiltrazioni mafiose ma, comunque, in presenza di una situazione di “mala gestio” dell'ente, sarebbero scattati i nuovi poteri sostitutivi dei prefetti.
Una norma, questa, che secondo la Corte, oltre a violare la complessiva autonomia costituzionalmente garantita degli enti locali, introdurrebbe un nuovo potere prefettizio fondato su presupposti generici ed eccessivamente discrezionali, violando così il principio di tipicità e legalità dell’azione amministrativa.
Nella medesima decisione, la Corte costituzionale ha invece ritenuto legittima l’estensione ai presidi sanitari del cosiddetto Daspo urbano (divieto di accedere a taluni luoghi per esigenze di decoro e sicurezza pubblica) a condizione, però, la disposizione venga interpretata in modo costituzionalmente orientato, nel sedo che il divieto non si applichi a chi ha bisogno di cure mediche o di prestazioni terapeutiche e diagnostiche.
Secondo la Consulta, infatti, il diritto alla salute è da ritenere prevalente rispetto alle esigenze di decoro dei luoghi e di contrasto alle condotte sanzionate in via amministrativa, come lo stato di ubriachezza, gli atti contrari alla pubblica decenza, il commercio e il parcheggio abusivo (presupposti del Daspo urbano).
La norma di cui all’art. 21, comma 1, lettera a), del DL, che appunto disciplina l’estensione del daspo urbano ai presidi sanitari, è quindi da ritenere legittima se interpretata nel senso che il relativo divieto di accesso non si applichi a chi ha necessità di cure.
La sentenza della Corte costituzionale era stata già anticipata in un comunicato stampa del 20 giugno.
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