E’ incostituzionale la norma che prevede l’automatica attribuzione del cognome paterno al figlio legittimo, pur in presenza di una diversa volontà dei genitori.
Si è così pronunciata la Corte Costituzionale, tornando per l’ennesima volta sul dibattuto tema del doppio cognome.
La questione è stata riproposta nell'ambito di una causa promossa da una coppia di genitori, dinnanzi al diniego dell'ufficiale di stato civile di apporre al loro figlio, nato nel 2012, anche il cognome materno.
Bocciato dunque tout court l’obbligo di cognome paterno; assunto sinora intangibile ma non previsto da una normativa specifica (tutt'al più desumibile indirettamente dal codice civile, da un R.d. del 1939 e da un D.p.r. del 2000, che determinano l’attribuzione automatica del cognome paterno).
Su analoga questione, la Consulta si era già pronunciata nel 2006. Ma pur, in detta occasione, definendo l’attribuzione automatica di cognome paterno un “retaggio della concezione patriarcale”, aveva tuttavia dichiarato la questione inammissibile, sottolineando come spettasse al legislatore promulgare una legge in proposito.
In seguito alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo - che aveva bollato come “discriminatoria” la visione patriarcale nella famiglia italiana – il legislatore si era finalmente mosso con proposta di legge del 24 settembre 2014 (che per l’appunto contemplava la possibilità di scegliere alternativamente o entrambi i cognomi dei genitori); proposta tuttavia arenatasi in Senato per contrasti interni alla maggioranza.
Ed ecco che la Corte si è pronunciata in via definitiva, per il momento solo anticipando con comunicato dell’8 novembre 2016 - in attesa del deposito della sentenza – la dichiarazione di incostituzionalità dell’obbligo di cognome paterno, per violazione degli artt. 2, 3, 29 e 117 della Costituzione, nonché delle risoluzioni internazionali sull'eliminazione di forme di discriminazione nei confronti delle donne.
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