Sono costituzionalmente illegittimi gli artt. 666 comma 3 e 678 c.p.p., nella parte in cui non consentono che, su richiesta dei soggetti interessati, il procedimento dinnanzi al Tribunale di Sorveglianza nelle materie di sua competenza, si svolga nella forme dell'udienza pubblica.
E' quanto ha disposto la Corte Costituzionale, con sentenza n. 97 del 15 aprile 2015 e depositata il 5 giugno 2015.
In particolare, la questione di costituzionalità era stata sollevata da un giudice di un Tribunale di Sorveglianza, chiamato a decidere sul mutamento della pena in arresti domiciliari (in luogo della reclusione), con espressa richiesta, da parte del difensore del condannato, che il relativo procedimento fosse trattato in forma pubblica.
Ma il giudice rimettente si doleva di non poter procedere alla trattazione in pubblica udienza, poichè la stessa formulazione della normativa (artt. 678 e 666 comma 3 c.p.p.) ne imponeva la trattazione (mediante il richiamo all'art. 127 c.p.p.) esclusivamente in camera di consiglio, così andando a contrastare con i principi costituzionali e comunitari
La Corte Costituzionale, accogliendo la censura, ha rilevato come la menzionata normativa processuale (che difatti rinvia inequivocabilemte alla trattazione in camera di consiglio) sia effettivamente incompatibile con il principio di pubblicità dei procedimenti giudiziari sancito dall'art. 6 Cedu, così come interpretato dalla giurisprudenza di Strasburgo, nonchè con l'art. 117 comma 1 Cost. rispetto al quale la citata disposizione convenzionale assume valenza integrativa di "norma interposta".
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