Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 2643 depositata il 29 marzo 2021, ha accolto l’appello presentato dal Consiglio Nazionale del Notariato, riformando la sentenza n. 10004/2017 con cui il Tar del Lazio aveva ritenuto legittima la previsione della redazione dell’atto costitutivo e dello statuto delle start-up innovative “in modalità esclusivamente informatica”, senza l’intervento di un notaio.
Previsione, questa, contenuta nel Decreto del ministero dello Sviluppo economico del 17 febbraio 2016, recante “modalità di redazione degli atti costitutivi di società a responsabilità limitata startup innovative” attuativo del Dl 179/2012 e del Dl 3/2015.
Ha trovato accoglimento, in primo luogo, il motivo di appello con cui i notai hanno dedotto l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione della riserva di legge e per incompatibilità del procedimento di iscrizione dell'atto costitutivo e delle successive modificazioni delle startup innovative con il quadro normativo delineato dalle fonti di legislazione primaria.
Secondo l’appellante, ossia, il DM avrebbe innovato arbitrariamente le previsioni della norma primaria stabilendo, all’art. 1, co. 2, che “l'atto costitutivo e lo statuto, ove disgiunto, sono redatti in modalità esclusivamente informatica.”
Censurata, in tale contesto, anche la scelta del Ministero di dare attuazione alla disciplina, elaborata a livello legislativo, per mezzo di atti atipici, privi dei requisiti minimi necessari perché possano essere considerati fonti di rango secondario.
Le predette doglianze sono state condivise dal Collegio amministrativo, secondo cui il potere esercitato dal Ministero attraverso il decreto impugnato non poteva avere alcuna portata innovativa dell’ordinamento, ovvero, nello specifico, non poteva incidere sulla tipologia degli atti necessari per la costituzione delle start up innovative, così come previsti dalla norma primaria.
Il DM, lungi dal limitarsi a recepire le indicazioni promananti dal Legislatore, era stato spinto marcatamente oltre, finendo per porsi in contrasto con la fonte primaria, in palese contrasto con il principio di gerarchia delle fonti.
E’ stato anche accolto, a seguire, il secondo motivo di appello, con il quale il Notariato ha lamentato l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione della normativa europea e delle norme sull’istituzione del Registro delle Imprese, nonché per travalicamento delle competenze specifiche attribuite al Registro medesimo.
Questo, nella parte in cui vengono ampliati i poteri di controllo del Registro, prevedendo che quest’ultimo verifichi “la riferibilità astratta del contratto alla previsione di cui all’articolo 25 del decreto legge 179 del 2012, come modificato da ultimo dall'articolo 4, comma 10 bis, del decreto legge 3 del 2015” e “la liceità, possibilità e determinabilità dell'oggetto sociale”.
Secondo il Collegio amministrativo, l’atto amministrativo impugnato avrebbe illegittimamente esteso l’ambito dei controlli dell’Ufficio del Registro dell’imprese, senza un’adeguata copertura legislativa che autorizzasse tale innovazione.
L’assenza di controlli preventivi, amministrativi e giudiziari, da parte delle Camere di Commercio, si porrebbe in contrasto con quanto richiesto obbligatoriamente dalla normativa europea e, segnatamente, dalle direttive 101/2009 e 1132/2017 secondo cui “in tutti gli stati membri la cui legislazione non preveda, all’atto della costituzione, un controllo preventivo, amministrativo o giudiziario, l’atto costitutivo o lo statuto della società e le loro modifiche devono rivestire la forma di atto pubblico”.
In accoglimento degli specifici motivi con cui il Notariato aveva originariamente impugnato la disciplina sulla costituzione e iscrizione delle startup innovative senza il controllo del notaio, il predetto decreto ministeriale è stato in definitiva dichiarato illegittimo.
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