E' legittimo il licenziamento disciplinare per giusta causa comminato al lavoratore che abbia assunto condotte inappropriate nei confronti delle colleghe, generando nelle stesse turbamento e paura.
Si tratta di una contegno che denota una mancanza di rispetto nei confronti delle lavoratrici donne e un profondo disinteresse per il turbamento e disagio ad esse provocato, idoneo a ledere irrimediabilmente il rapporto fiduciario.
Con ordinanza n. 31790 del 15 novembre 2023, la Corte di cassazione ha definitivamente confermato la decisione con cui i giudici di merito si erano espressi nei confronti della sanzione espulsiva che una società aveva irrogato ad un proprio dipendente.
A quest'ultimo era stato addebitato di aver assunto condotte inappropriate nei confronti delle colleghe donne, generando turbamento e paura ai danni delle medesime.
Nella valutazione complessiva di tutte le circostanze oggettive e soggettive della vicenda, la misura espulsiva era risultata proporzionata ai fatti, in quanto, nonostante le iniziative di diffida precedentemente adottate dal datore di lavoro, il reclamante aveva continuato intenzionalmente a porre in essere le condotte denunciate, assumendo un contegno che, anche alla luce della contestata recidiva, aveva irrimediabilmente leso il rapporto fiduciario alla base del rapporto di lavoro.
Il licenziamento, ossia, era stato ritenuto proporzionato alla condotta addebitata al prestatore, accertata grazie alle dichiarazioni testimoniali raccolte.
Si era trattato di un comportamento inadempiente che si poneva in violazione delle disposizioni aziendali, denotando anche una mancanza di rispetto del ricorrente nei confronti delle lavoratrici, vittime delle sue ripetute e sgradite attenzioni, nonché un profondo disinteresse per il turbamento e disagio provocato a queste ultime dai continui inopportuni approcci e inviti.
Conclusioni, queste, condivise anche dalla Suprema corte, che ha giudicato non condivisibile la diversa ricostruzione prospettata dal lavoratore, in base alla quale il potere disciplinare si sarebbe consumato con la diffida e, ai fini della contestazione, sarebbero valsi solo i fatti successivi alla diffida medesima.
Tale argomentazione non corrispondeva ai dati fattuali e documentali raccolti e valutati, in maniera congrua e logica, in sede di merito.
La diffida, infatti, si era manifestata quale esercizio del potere direttivo, ed era stato l'inadempimento alla stessa, espresso con i comportamenti successivi, ad attivare il procedimento disciplinare per tutti i fatti lesivi della dignità e sicurezza delle colleghe, nonché relativi all'uso improprio dei mezzi di comunicazione aziendali e al decoro e correttezza nelle relazioni tra colleghi nell'ambiente lavorativo.
Il licenziamento, in definitiva, andava confermato.
Per l’approfondimento di questi temi si rinvia anche ai post: "Licenziamento del superiore per gesti e apprezzamenti volgari verso le colleghe", "Licenziamento disciplinare per molestie sessuali alla giovane collega" e "Collega molestata, legittimo il licenziamento per giusta causa".
Ai sensi dell'individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei dati personali - Regolamento (UE) n.2016/679 (GDPR)
Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti legati alla presenza dei "social plugin".