Condominio. Addebiti personali, delibere all'unanimità

Pubblicato il 22 settembre 2017

La Corte di Cassazione, seconda sezione civile, respingendo il ricorso di un Condominio, ha accolto le contrarie ragioni del singolo condomino, che si era visto addebitare alcune spese di amministrazione a titolo personale.

In particolare, il condomino chiedeva che venisse accertata la nullità di una prima delibera condominiale, adottata ad assemblea non totalitaria – per cui si consideravano personali tutte le spese indotte dai singoli; le spese per lettere inviate a tutti dall’amministratore, ma indotte dal singolo per suo personale interesse; le spese per convocazione di assemblee straordinarie non dovute in termini di legge e di interesse privato – per violazione del principio per cui la responsabilità di un singolo condomino verso il Condominio o gli altri condomini ex art. 2043 c.c., non poteva essere oggetto di statuizione assembleare, come tale vincolante per il danneggiante; nonché per violazione del principio di ripartizione delle spese tra condomini ex art. 1123 c.c., valevole anche per le spese di amministrazione. Il condomino chiedeva altresì accertarsi la nullità dell’ulteriore delibera, posteriore e conseguente, concernente la ripartizione delle “spese personali amministratore”, di cui una parte, addebitate ad esso personalmente, mentre – a suo dire – avrebbe dovuto ripartirsi tra tutti i condomini.

Non rileva il comportamento concludente dei condomini

Orbene, come già i Giudici d’Appello ed in accoglimento delle suindicate ragioni, la Corte Suprema conferma la nullità della prima delibera, in quanto non adottata all’unanimità, nella parte in cui – in deroga ai criteri di cui all’art. 1123 c.c. – attribuiva al Condominio il potere discrezionale di imputare al singolo condomino, a titolo risarcitorio, le spese conseguenti ad unapatologica attivazione dell’amministratore, introducendo un ulteriore e diverso criterio di ripartizione delle spese. E non può assumere rilievo, ai fini della validità di detta delibera non approvata all’unanimità, il comportamento concludente dei condomini.

Detta statuizione – conclude la Corte con sentenza n. 21965 del 21 settembre 2017 – è d’altra parte conforme al consolidato principio secondo cui per la modifica di clausole del regolamento di condominio aventi natura contrattuale, è richiesto il consenso manifestato in forma scritta “ab substantiam” da tutti i partecipanti alla comunione, non essendo a tal fine rilevante il mero comportamento tenuto dai condomini in altre assemblee o in sede extra assembleare.

 

 

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