Concordato preventivo: attestatore non pubblico ufficiale

Pubblicato il 09 marzo 2016

Il professionista esterno che attesta un piano di concordato preventivo non può considerarsi alla stregua di un pubblico ufficiale e, di conseguenza, non può essere accusato di falso ideologico.

Anche se come esperto indipendente, il professionista svolge funzioni in parte assimilabili a quelle di un ausiliare del Tribunale, il suo operato deve essere finalizzato “alla formazione non solo del convincimento del giudice, ma anche a quello dei creditori, escludendone un'esclusiva strumentalità all'esercizio dell'attività giudiziaria”.

Pertanto, chi sottoscrive la fattibilità del piano di concordato preventivo non è assimilabile ad un curatore e neppure ad un commissario liquidatore.

Commercialista attestatore non colpevole di falso ideologico

Con tale motivazione la Corte di Cassazione – sentenza n. 9542 della Quinta sezione penale, depositata l'8 marzo 2016 – respinge il ricorso di un pubblico ministero che contestava i reati di falso ideologico e corruzione in atti giudiziari in capo ad un dottore commercialista che era stato incaricato di redigere la relazione prevista dall’articolo 161 comma 3 della Legge fallimentare.

Secondo l'accusa infatti, il commercialista aveva, più volte, indotto in errore e arrecato danni ai creditori della procedura concorsuale, attestando informazioni false ed omettendo alcune informazioni rilevanti nella relazione ai fini dell'ammissione al concordato.

Di avviso contrario la Suprema Corte, che mette in evidenza come il professionista – incaricato dal debitore alla stesura del piano di concordato - non è equiparabile ad un ausiliario del giudice. La legge, infatti, riconosce esplicitamente ad altre figure – quali il curatore, il commissario giudiziale o il commissario liquidatore - la qualifica di pubblico ufficiale.

Ne deriva che se il professionista riporta nella relazione informazioni non vere o omette dati rilevanti è responsabile solo del reato di falso in attestazione espressamente previsto dall'articolo 236-bis della Legge fallimentare.

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