Non spetta alcun compenso al professionista (attestatore, avvocato o commercialista) se la prestazione da questi resa risulta inidonea o non funzionale al conseguimento dell'obiettivo per cui è stata conferita, a causa di imperizia o negligenza, anche in assenza di un’obbligazione di risultato.
E' quanto evidenziato dalla Corte di Cassazione, Prima Sezione civile, con ordinanza n. 6382 del 10 marzo 2025, con particolare riferimento ai professionisti coinvolti nelle procedure di concordato preventivo.
Nel caso esaminato, un professionista aveva chiesto l’ammissione al passivo del fallimento per un credito relativo a prestazioni rese in qualità di attestatore del piano di concordato preventivo. Tuttavia, sia il giudice delegato sia il tribunale avevano rigettato la domanda, rilevando:
Tali mancanze erano state considerate gravi inadempienze, sufficienti a rendere la prestazione non funzionale, quindi priva dei requisiti minimi per poter giustificare un compenso.
La Corte ha richiamato e consolidato l’orientamento secondo cui:
Secondo la Corte, in altri termini, una prestazione che espone dati aziendali incompleti o falsati, o che non rileva assetti societari rilevanti, non può ritenersi conforme al modello legale e deontologico della figura professionale.
Pertanto:
La pronuncia rafforza il dovere di massima diligenza professionale nella redazione e attestazione delle domande di concordato, confermando che l’utilità concreta e funzionale della prestazione costituisce presupposto imprescindibile per la retribuzione del professionista. Le omissioni, anche se solo in parte rilevanti, possono comportare la perdita integrale del diritto al compenso.
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