Con scritture contabili corrette è ammesso lo scostamento dai parametri degli studi
Pubblicato il 08 settembre 2010
La Corte di legittimità, con sentenza n. 19136 depositata lo scorso 7 settembre 2010, è intervenuta sulla valenza degli studi di settore ai fini dell'accertamento fiscale sottolineando come le medie di settore non costituiscano, di per sé, un “fatto noto”, storicamente provato, dal quale argomentare, con giudizio critico, quello ignoto da provare, ma “soltanto il risultato di una estrapolazione statistica di una pluralità di dati disomogenei, risultando quindi inidonee, di per sé stesse, a integrare gli estremi di una prova per presunzioni”.
Ne deriva che – continua la Corte - ai fini dell'accertamento di un maggior reddito di impresa ed in presenza di scritture contabili formalmente corrette, non è sufficiente il solo rilievo dell'applicazione da parte del contribuente di una percentuale di ricarico diversa da quella mediamente riscontrata nel settore di appartenenza, occorrendo, per contro, la presenza di qualche ulteriore elemento (come l'abnormità e l'irragionevolezza della difformità tra la percentuale di ricarico applicata dal contribuente e la media di settore) che incida “sull'attendibilità complessiva della dichiarazione, ovverosia la concreta ricorrenza di circostanze gravi, precise e concordanti”.
Con queste motivazioni la Cassazione ha confermato la nullità di un accertamento induttivo effettuato, nei confronti di un'azienda con contabilità perfettamente regolare, sulla semplice base di uno scostamento fra la percentuale di ricarico applicata e quella mediamente riscontrata nel settore di appartenenza.