Il compenso dell’amministratore di una società spetta anche se non lo chiede durante tutto il rapporto di lavoro. Infatti, sono rilevanti solo i fatti concludenti che denotano una volontà univoca. A stabilirlo è la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21172 del 23 luglio 2021, accogliendo il ricorso di un manager.
Per gli Ermellini, il principio di cui deve farsi applicazione è che la rinuncia al compenso da parte dell'amministratore può trovare espressione in un comportamento concludente del titolare che riveli in modo univoco una sua volontà dismissiva del relativo diritto.
A tal fine è pertanto necessario che l'atto abdicativo si desuma non dalla semplice mancata richiesta dell'emolumento, quali che ne siano le motivazioni, ma da circostanze esteriori che conferiscano un preciso significato negoziale al contegno tenuto.
Ciò anche perché, ha poi chiarito la sezione lavoro, il silenzio, in alcuni casi, poggia sul rilievo per cui, in presenza di determinati fatti o situazioni, la condotta inattiva della parte viene ad assumere un preciso significato.
In tali ipotesi, il valore negoziale attribuito al comportamento omissivo discende dai principi di autoresponsabilità e di affidamento:
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