La compensazione è uno strumento che permette di ottimizzare le disponibilità finanziarie dei contribuenti; un meccanismo che tuttavia prevede diverse limitazioni che rischiano, in alcuni casi, di comprometterne lo stesso utilizzo per il timore dell’utilizzatore e del professionista, che lo assiste, d’incorrere nell’irrogazione delle pesanti sanzioni previste.
Negli ultimi anni, le compensazioni sono state oggetto di numerosi interventi normativi: l’ultimo riguarda la lotta ai “finti” crediti che diventerà operativo dal prossimo 29 ottobre 2018.
L’Agenzia delle Entrate, in particolare, potrà sospendere le deleghe di pagamento, con crediti incerti o “a rischio”. I criteri e le modalità per la sospensione dei modelli F24, che contengono compensazioni con profili di rischio, sono definiti nel provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 28 agosto 2018.
Prima di quest’ultima novità, diverse sono state le iniziative che hanno portato a delle limitazioni delle compensazioni allo scopo di contenere le frodi: una di queste è l’istituzione del limite di 5mila euro per le compensazioni orizzontali a partire del 24 aprile 2017, superato tale importo scatta l’obbligo del visto di conformità per l’utilizzo dei crediti per Iva, per imposte sui redditi e ritenute.
Il limite di 5mila euro si riferisce ai singoli crediti che emergono dalla dichiarazione, resta fermo il limite di 50mila euro per i crediti Iva annuali delle cosiddette start up innovative.
Se dalla dichiarazione dei redditi emergono diversi crediti il cui ammontare è inferiore al limite, ma complessivamente superiore alla soglia, i crediti possono essere usati in compensazione senza apporre il visto di conformità. La compensazione deve esser effettuata entro la presentazione della dichiarazione successiva.
Per effettuare le compensazioni, i contribuenti titolari di partita Iva devono usare i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate, sia per i crediti Iva, sia per gli altri crediti per imposte sui redditi, Irap, ritenute, addizionali, imposte sostitutive e crediti da indicare nel quadro RU del modello Redditi.
I contribuenti non titolari di partita Iva, che presentano il modello F24 con crediti in compensazione, ma che presentano un saldo finale maggiore di zero, possono presentare il modello mediante i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate, F24 web, F24 online, F24 cumulativo, F24 addebito unico, oppure mediante i servizi di internet banking.
Relativamente al visto di conformità, questo può essere apposto dal responsabile del centro di assistenza fiscale, dagli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro.
La compensazione può essere verticale ad esempio “Iva su Iva” o “Irpef su Irpef”, oppure può essere orizzontale tra imposte diverse.
In caso di compensazione verticale od interna, non sussiste alcun obbligo di utilizzo dei canali telematici dell’Agenzia delle Entrate e, in genere, si tratta di quelle compensazioni che avvengono tributo su tributo.
Discorso diverso va fatto per le compensazioni orizzontali, ovvero tra tributi di diversa natura, dove a seconda di chi presenta il modello è necessario distinguere il corretto canale di pagamento da utilizzare.
Operativamente non è sempre agevole distinguere quando si tratta di compensazione orizzontale e quando, invece, ci si trova di fronte ad una compensazione verticale.
Ci viene in contro la risoluzione n. 68 del 9 giugno 2017, nella quale sono evidenziati i codici tributo che presentano caratteristiche simili per il versamento tramite F24 e nello specifico:
La risoluzione contiene anche importanti precisazioni in relazione ad alcuni casi e, in particolare, viene evidenziata l’ipotesi in cui in presenza di più tributi a credito, al netto delle compensazioni “interne”, vi sia un saldo positivo da versare.
Si consideri, ad esempio, un modello di pagamento F24, con un importo a debito di 10.500 euro, relativo al primo acconto Ires (codice tributo 2002) e, contestualmente con un importo a credito del saldo Ires (codice tributo 2003) di euro 8.500 e con un credito Iva annuale (codice 6099) di 4.400 euro.
La compensazione parziale dell’Ires con l’Iva fà si che la compensazione diventi “orizzontale” e che rientri così nei nuovi obblighi introdotti dal D.L. 50/2017, ciò in quanto il pagamento dell’acconto Ires avviene, seppur parzialmente, utilizzando in compensazione un credito Iva.
Si potranno utilizzare i servizi telematici alternativi a quelli dell’Agenzia delle Entrate se la delega riporta, in corrispondenza della colonna importi a credito compensati, il solo codice tributo 2003 relativo all’Ires, saldo positivo a debito per la differenza, qualora lo stesso sia versato con mezzi diversi dalla compensazione.
NB! - Si ricorda che a prescindere dal fatto se la compensazione sia “orizzontale” o “verticale”, nell’ipotesi di un modello F24 che chiude “a zero” è sempre obbligatorio il ricorso agli strumenti di pagamento messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate (Entratel o Fisconline). |
L’articolo 34 comma 1 della Legge 388/2000 stabilisce un limite annuale a cui sono cumulativamente soggette le compensazioni nel modello F24, ai sensi dell’articolo 17 del D.lgs 241/1997, e i rimborsi.
Originariamente, il tetto massimo era fissato in euro 516.456,90 (un miliardo di lire), ma successivamente è stato portato a 700mila euro dall’articolo 9, comma 2, del D.L. 35 dell’8 aprile 2013 a decorrere dall’anno 2014 e in vigore a tutt’oggi.
Per l’applicazione del limite, in linea generale, rilevano tutte le compensazioni esposte in F24 effettuate nel corso di un determinato anno solare a prescindere dalla data di utilizzo dei crediti.
L’articolo 17, comma 2-ter, del Dlgs 241/1997 stabilisce che qualora il credito utilizzato in compensazione sia superiore all’importo previsto dalle disposizioni che fissano il limite massimo dei crediti compensabili, il modello F24 è scartato.
Il limite di 700mila euro non riguarda determinati casi di compensazione indicati in alcune disposizioni e ciò anche qualora le stesse vengano esposte, per obbligo o per scelta, nel modello F24.
Non sono ad esempio interessate dal suddetto limite, le compensazioni cosiddette verticali,
il massimale non riguarda inoltre, secondo quanto previsto dalla risoluzione n. 86 del 24 maggio 1999, i crediti di imposta che costituiscono agevolazioni o incentivi fiscali da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi.
Per tali crediti, la Legge 244 del 23 dicembre 2007 prevede un distinto tetto all’utilizzo annuale pari a 250mila euro.
L’ammontare eventualmente eccedente è riportato in avanti, anche oltre il limite temporale previsto dalla legge istitutiva, ed è comunque compensabile dal terzo anno successivo per la parte residua, senza limite di importo.
Secondo le indicazioni ministeriali (risoluzione 9/2008/DF), il tetto di 250mila euro si cumula con quello di 700mila euro, inoltre, sempre secondo la citata risoluzione (ripresa dalle istruzioni al quadro RQ del modello Redditi 2018 Sc), se in un anno vengono effettuate compensazioni per un ammontare inferiore al limite di 700mila euro, i crediti da quadro RU possono essere utilizzati nel modello F24 anche oltre il limite di 250mila fino a colmare la differenza.
Dato, ad esempio, un credito di imposta da quadro RU pari a 400mila euro e compensazioni soggette al tetto di 700mila euro effettuate nell’anno, per 650mila euro, il credito indicato in RU potrà essere compensato nel medesimo periodo fino a 300 mila euro (250mila + 50mila).
NB! - Per i subappaltatori, viene previsto un limite elevato ad 1 milione di euro se il volume d’affari registrato da tali contribuenti nell’anno precedente sia costituito per almeno l’80% da prestazioni rese in esecuzione di contratti di subappalto. |
Il recente provvedimento delle Entrate del 28 agosto 2018 ha dato attuazione a quanto previsto dal comma 990 dell’articolo 1 della Legge 205 del 27 dicembre 2017, a presidio dell’interesse erariale in presenza di compensazioni illegittime.
La disposizione prevede che l’Amministrazione finanziaria potrà sospendere per 30 giorni l’esecuzione delle deleghe di pagamento per verificare se sussistono profili di rischio in relazione alle compensazioni effettuate.
Se dal controllo effettuato il credito risulta correttamente utilizzato, il pagamento si considera regolarmente effettuato alla data di presentazione della delega.
Se il credito si ritiene non correttamente utilizzato, la delega viene scartata per intero e il pagamento, così come la compensazione, si considera come mai avvenuto.
Il provvedimento delle Entrate non consente di individuare in quali casi scatterà la verifica preventiva nella prima fase e l’eventuale successivo blocco, questo si limita ad affermare che avranno rilevanza:
Il monitoraggio scatterà anche se la compensazione è effettuata per il pagamento di debiti iscritti a ruolo.
Il rischio di blocco riguarda sia i modelli F24 con compensazione presentati con i servizi telematici delle Entrate, sia le compensazioni tramite home banking, quali quelle “verticali” e quelle effettuate da contribuenti senza partita Iva.
Se la delega viene respinta, tutto il versamento si considera come non effettuato, anche in presenza di compensazione parziale.
Per regolarizzare il versamento respinto, si dovrà sanare l’omissione, beneficiando del ravvedimento operoso e quindi versando oltre alle imposte dovute anche gli interessi e le sanzioni (ridotte e calcolate sulla sanzione base del 30% trattandosi di un versamento omesso).
In tale contesto appare opportuno in caso di compensazioni parziali con saldo a debito della delega, sdoppiare il modello F24, presentando distintamente la delega a zero (interamente compensata) e quella con addebito sul conto.
In tal modo, il rischio è di vedere scartato solo il modello di versamento a saldo zero per effetto della compensazione non riconosciuta con benefici sul costo del ravvedimento, soprattutto se l’importo compensato risulta di modesta entità rispetto al versamento complessivo da effettuare.
Particolare attenzione va posta quando l’F24 è funzionale al perfezionamento di uno degli istituti deflattivi del contenzioso come, ad esempio, l’accertamento con adesione, la mediazione o la conciliazione fiscale.
In questi casi, allo stato attuale, l’omesso versamento entro il termine perentorio previsto dalla legge per accedere ai benefici della procedura, non è in alcun modo sanabile, nemmeno con il ravvedimento operoso.
La sospensione del modello di pagamento sarà comunicata ai contribuenti e ai professionisti delegati con un messaggio contenuto in una ricevuta successiva all’invio del modello.
Nel periodo di sospensione, si possono inviare all’Agenzia “elementi informativi ritenuti necessari per la finalizzazione della delega sospesa”, utili ai fini dello sblocco (anche se ancora mancano le istruzioni). L’eventuale scarto della delega verrà comunicato con una successiva comunicazione che conterrà anche le motivazioni del rifiuto.
Il provvedimento prevede anche un silenzio-assenso, ovvero senza comunicazione di scarto entro il periodo di sospensione “l’operazione si considera effettuata” alla data originariamente prevista.
Dal 1° gennaio 2011 vige il divieto di compensare, nel modello F24, i crediti relativi alle imposte erariali, in presenza di debiti iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori (sanzioni, interessi, spese di notifica) di ammontare superiore a 1.500 euro, per i quali sia scaduto il termine di pagamento.
NB! - Il suddetto limite di 1.500 euro è costituito dall’ammontare complessivo degli importi iscritti a ruolo e non pagati, anche se i debiti derivanti dalle singole cartelle di pagamento non superano tale soglia. |
Ad esempio, la preclusione alla compensazione si avrà anche in presenza di una cartella di 500 euro di Ires, una di 200 euro di Irap e una di 900 euro di Iva.
NB! - Dovrebbe comunque essere possibile effettuare un pagamento parziale del debito a ruolo tale da ridurlo sotto la soglia di 1.500 euro per far venir meno la condizione di blocco delle compensazioni. |
La disciplina non fa distinzioni riguardo ai ruoli ordinari o straordinari e alle iscrizioni a ruolo a titolo definitivo o provvisorio; inoltre non è rilevante l’entità dell’importo che si potrebbe compensare se non ci fossero le condizioni del blocco, quindi anche a fronte di un credito compensabile molto elevato, l’operazione non potrà essere effettuata, nemmeno per la differenza tra lo stesso e il debito scaduto iscritto a ruolo.
Facendo riferimento alle sole imposte erariali sono escluse dall’ambito applicativo del divieto di compensazione tutte le altre entrate che non hanno tale natura quali, ad esempio, i tributi locali, i contributi previdenziali, i contributi e le agevolazioni erogati a qualsiasi titolo sotto forma di credito d’imposta.
L’applicazione della disciplina in esame presuppone che non sia intervenuta una sospensione della riscossione perché in tal caso il contribuente non può essere considerato inadempiente, lo stesso vale ove sia stata concessa una rateizzazione del debito senza che sia poi intervenuta decadenza dalla stessa.
Il divieto si applica solo alle compensazioni “orizzontali”, cioè quelle che riguardano crediti e debiti di diversa natura e che avvengono necessariamente nel modello F24.
Quella che viene inibita è la compensazione che coinvolge contemporaneamente più tributi e che avviene solo con F24 e non, invece, le ordinarie forme di detrazione dell’Iva o di scomputo delle ritenute, possibili all’interno di meccanismi dichiarativi.
In caso di inosservanza del divieto di compensazione è prevista la sanzione del 50% dell’importo dei debiti iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori e per i quali è scaduto il termine di pagamento, fino a concorrenza dell’ammontare indebitamente compensato.
L’ammontare massimo della stessa è pari al 50% di quanto indebitamente compensato.
Da notare che, ferma restando l’applicazione della sanzione, l’illegittima compensazione operata resta valida ed efficace e non deve essere riversato l’importo corrispondente.
Ove ci si rendesse conto dell’errore commesso, magari perché non si era a conoscenza dell’esatto importo del debito iscritto a ruolo, pare sia possibile accedere al ravvedimento operoso.
Per l’indebita compensazione prevista dall'articolo 10-quater D.lgs 74/2000 è prevista:
Entrambe le condotte sono caratterizzate dal un dolo generico, che consiste nella consapevolezza di utilizzare in compensazione crediti tributari inesistenti o non spettanti.
La maggior gravità di pena presente nella seconda ipotesi (credito inesistente) è giustificata dal fatto che l'inesistenza presuppone che il soggetto agisce con intento fraudolento sicuramente maggiore rispetto alla prima ipotesi, creando appositamente crediti mai esistiti al fine di non versare le imposte dovute.
Nel caso del credito non spettante, secondo l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità, si tratta di un importo che, pur certo nella sua esistenza e nel suo ammontare, lo stesso non è ancora utilizzabile ovvero non più utilizzabile in compensazione, per una qualsiasi ragione normativa, come ad esempio un credito che c’era, ma che poteva essere compensato solo nell’esercizio successivo.
C’è da dire che la possibilità di eseguire compensazioni non spettanti è comunque ridotta dall’attuale sistema di inoltro dei modelli di pagamento, atteso che il relativo software esegue un controllo preliminare di spettanza del credito, solo in conseguenza del quale viene confermata la compensazione. Nell’ipotesi in cui il credito non ottenesse il “via libera”, il modello F24 viene infatti respinto.
NB! - La Corte costituzionale (sentenza 35/2018) ha confermato che il reato di indebita compensazione si realizza anche quando l’omesso versamento riguarda tributi differenti da imposte dirette e Iva. Pur non intervenendo specificamente sulla questione, è stata ritenuta estensibile la fattispecie di indebita compensazione a qualunque tributo e contributo. |
Se in dichiarazione Iva l’ammontare dell’imposta detraibile, aumentato dalle somme versate, è superiore a quello dell’imposta relativa alle operazioni imponibili si ha diritto di computare l’importo in eccedenza in detrazione nell’anno successivo o in alternativa si può chiedere il rimborso.
La compensazione del credito Iva annuale con imposte diverse dall’Iva (compensazione orizzontale) è disciplinata dal comma 1 art. 17 del Dlgs 241/1997 modificata dal D.L. 50/2017.
Dall’articolo 17 del Dlgs 241/1997, si ricavano due possibilità per la compensazione orizzontale del credito Iva annuale:
Ricordiamo che in base a quanto previsto dall’articolo 8, comma 1 del DPR 322/1998, modificato dall’articolo 4, comma 4, lettera c del Dlgs 193/2016, a partire dal 2017, la dichiarazione Iva può essere presentata nel periodo compreso tra il 1° febbraio e il 30 aprile dell’anno successivo a quello di riferimento.
Se dalla dichiarazione annuale Iva risulta che l’ammontare dell’imposta detraibile, aumentato delle somme versate mensilmente, è superiore a quello dell’imposta relativa alle operazioni imponibili, il contribuente ha diritto di computare l’importo dell’eccedenza in detrazione nell’anno successivo o, in alternativa, di chiederne l’importo a rimborso.
Il limite è riferito al credito che si intende utilizzare in compensazione e non al totale del credito che emerge dalla dichiarazione.
Ne consegue che, anche in caso di credito annuale superiore a 5mila euro la compensazione potrà essere effettuata liberamente per una quota, mentre per la parte eccedente occorrerà attendere la trasmissione della dichiarazione (e l’apposizione del visto di conformità).
In ogni caso, non è possibile eccedere il limite di cui all’articolo 34 della Legge 388/2000 che fissa a 700mila il tetto massimo di crediti utilizzabili per anno solare.
L’utilizzo del credito a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione è una novità del decreto fiscale del 2017.
Fino a quel momento, il credito poteva, infatti, essere utilizzato a partire dal giorno 16 del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione. Il comma 4-bis dell’articolo 3 del D.L. 50/2017, modificando il comma 1 del citato articolo 17, ne ha anticipato l’utilizzo.
Presentando la dichiarazione Iva in data 1° febbraio, prima si doveva attendere il 16 marzo per poter utilizzare il credito, adesso, invece, si può utilizzare già dall’11 febbraio e così diventa utile per i versamenti da effettuare il 16 febbraio.
La Manovra fiscale ha anche abbassato la soglia al di sopra della quale è necessaria l’apposizione del visto di conformità per l’utilizzo in compensazione orizzontale del credito.
Mentre prima la soglia era pari a 15mila euro il D.L. 50/2017, modificando il comma 574 della Legge 147/2013, ha previsto l’abbassamento a 5mila euro.
La limitazione sull’utilizzo del credito, inoltre, non trova applicazione con riferimento alle compensazioni verticali, ovvero quelle “Iva da Iva”, come precisato nella circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 1 del 15 gennaio 2010, l’esposizione nel modello F24 di tale tipo di compensazioni configura solo una diversa modalità di esercitare la detrazione dell’eccedenza Iva a credito ammessa e, pertanto, non è soggetta ad alcun limite.
Si ricorda, infine, che oltre all’utilizzo in compensazione, sia orizzontale che verticale, il credito Iva che risulta dalla dichiarazione può essere chiesto a rimborso.
In tal caso occorre verificare il rispetto dei requisiti di cui all’articolo 30 del DPR 633/1972 (esercizio prevalente di attività che comportano l’effettuazione di operazioni soggette ad imposta con aliquote inferiori a quelle dell’imposta relativa agli acquisti e alle importazioni, esercizio prevalente di operazioni non soggette ad imposta, ecc,).
Se sussistono i requisiti, allora, il rimborso potrà essere chiesto liberamente fino ad un importo di 30mila euro, mentre per importi di ammontare superiore si dovranno distinguere due casi:
Se in un periodo d’imposta non viene utilizzato il credito d’imposta e viene fatto confluire nella dichiarazione annuale Iva dell’anno successivo, viene a tutti gli effetti “rigenerato” in quest’ultima e, come tale, è soggetto alle regole del credito annuale emergente da questo modello.
La presenza di un credito nella dichiarazione annuale consente al contribuente alternativamente di:
Nel caso in cui si scelga di ottenere il rimborso del credito, è precluso l’utilizzo in compensazione dello stesso a meno che non si presenti una dichiarazione integrativa, come previsto dal comma 8-ter dell’articolo 2 del DPR 322/1998. Tale norma prevede la possibilità di modificare l’originaria richiesta di rimborso dell’eccedenza d’imposta esclusivamente per la scelta della compensazione, sempreché il rimborso stesso non sia stato già erogato anche in parte. In questa ipotesi, la dichiarazione va presentata entro 120 giorni dalla scadenza del termine ordinario di presentazione.
Qualora, invece, si scelga la via della compensazione è possibile utilizzarlo per scomputare l’Iva a debito dei periodi successivi (verticale) oppure per il pagamento di altri tributi (orizzontale).
Il credito Iva maturato nell’anno 2017 ed emergente dalla dichiarazione Iva 2018, presentata entro lo scorso 30 aprile 2018, può essere utilizzato fino al momento della presentazione della dichiarazione Iva successiva (modello Iva 2019, scadenza 30 aprile 2019), se non utilizzato entro questa data, confluirà nel modello Iva 2019 e, in pratica, si rigenererà come credito dell’anno 2018 e seguirà le regole di quest’ultimo.
La “rigenerazione” del credito comporta una duplice conseguenza:
Se il credito annuale non viene del tutto utilizzato, ma viene riportato nell’anno successivo, nel modello Iva va compilata la sezione II del quadro VL del modello Iva 2018, indicando il credito emergente dalla dichiarazione precedente (rigo VL8) e la quota utilizzata in compensazione (rigo VL9).
La differenza va riportata nella sezione III, nel rigo riservato alla “Eccedenza credito anno precedente” (rigo VL25), il quale confluisce nel rigo del totale dell’Iva a credito.
I contribuenti Iva che realizzano nel trimestre dell’anno un’eccedenza di imposta detraibile e non è stata chiesta a rimborso, possono utilizzarla in compensazione con il modello Iva TR.
L’utilizzo in compensazione dei crediti Iva infrannuali richiede il rispetto dei requisiti previsti dal comma 2, dell’articolo 38-bis del DPR 633/1972.
E’ possibile ottenere il rimborso o utilizzare il credito in compensazione per periodi inferiori all’anno nelle seguenti ipotesi, quando:
Anche per l’utilizzo in compensazione dei crediti infrannuali di importo superiore a 5mila euro è richiesta l’apposizione del visto di conformità e, in tal caso, il visto sarà apposto sul modello Iva Tr.
L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 103 del 28 luglio 2017, ha chiarito che il limite di 5mila euro “annui” per l’apposizione del visto di conformità va calcolato tenendo conto dei crediti trimestrali chiesti in compensazione nei trimestri precedenti.
Ad esempio, se nel primo trimestre si chiede in compensazione un credito pari a 1.000 euro, non è necessario apporre il visto di conformità, se nel secondo trimestre si chiede in compensazione un importo pari ad euro 4.500, sull’istanza deve essere apposto il visto poiché la somma complessivamente richiesta in compensazione è superiore a 5mila euro (1.000 + 4.500).
NB! - Le somme chieste in compensazione ai fine del calcolo del limite per l’apposizione del visto prescindono dall’effettivo utilizzo delle stesse. |
Analogamente a quanto previsto per il credito annuale Iva, anche per i crediti derivanti dalle istanze trimestrali la compensazione degli importi superiori alla soglia dei 5mila euro può avvenire già a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della istanza trimestrale da cui il credito emerge (e non più a partire dal giorno 16 del mese successivo).
Nel caso, invece, di richiesta a rimborso del credito, il visto va apposto solo per importi superiori a 30.000 euro e comunque dovrà essere presentato il modello Iva Tr.
I crediti d’imposta che derivano da norme agevolative possono essere utilizzati in misura non superiore a 250mila euro annui, questa limitazione non vale però per tutti i crediti.
Tra i crediti non soggetti a limiti di utilizzo abbiamo:
E’, invece, soggetto al limite l’incentivo riferito agli investimenti pubblicitari incrementali su quotidiani, periodici e sulle emittenti televisive e radiofoniche locali, di cui all’articolo 57-bis, comma 1, D.L. 50/2017.
L’ammontare di beneficio non utilizzato nell’anno, perché eccedente il limite, è riportato in avanti anche oltre il limite temporale eventualmente previsto dalle singole leggi istitutive ed è comunque compensabile per l’intero importo residuo a partire dal terzo anno successivo a quello in cui si genera l’eccedenza.
La risoluzione 9/DF del 3 aprile 2008, ha precisato che il limite di 250mila euro si cumula con il limite annuo generale alle compensazioni di 700mila, nel senso che ove il limite generale non sia interamente sfruttato, esso può essere utilizzato, per la differenza, a fronte di crediti agevolativi da quadro RU, anche oltre il limite degli 250mila euro.
Nella dichiarazione dei redditi, la verifica del limite di utilizzo nonché la determinazione dell’ammontare eccedente avviene nel quadro RU, con la compilazione della sezione VI-C. In ogni caso, i crediti derivanti da agevolazioni, salvo espressa deroga, non danno diritto a rimborso qualora non risultino completamente utilizzati.
L’utilizzo di un’eccedenza o di un credito d’imposta in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalla normativa é sanzionato nella misura del 30% del credito utilizzato. Se l’utilizzo riguarda crediti inesistenti indebitamente compensati, la sanzione varia dal 100% al 200% della misura del credito stesso.
Questo è lo scenario attualmente vigente dopo le modifiche operate dal D.lgs 158/2015 (in vigore dal 2016), che si applica in caso di utilizzo di un credito in compensazione in violazione delle regole fiscali.
Il citato decreto legislativo ha introdotto all’articolo 13 del Dlgs 471/1997 una definizione normativa di credito inesistente, da cui, al contrario, far derivare la definizione di credito non spettante e uno specifico regime sanzionatorio nell’ambito della disposizione dedicata agli omessi versamenti.
Si definisce inesistente quel credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante la liquidazione automatica della dichiarazione.
La recente risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 36 dell’8 maggio 2018, ha chiarito che l’utilizzo in compensazione di un credito inesistente, non deve essere sanzionato, in aggiunta a quanto già recuperato in ambito accertativo e punito quale infedele dichiarazione e illegittima detrazione.
Si procederà solo con l’emissione degli atti tipici di accertamento in rettifica della dichiarazione, da notificarsi entro gli ordinari termini di decadenza, con applicazione della sanzione per infedele dichiarazione.
Una diversa soluzione avrebbe avuto l’effetto di punire la stessa violazione due volte, sanzionando la contabilizzazione delle fatture inesistenti e la riduzione del debito d’imposta (o l’indicazione di un maggior credito) ex articoli 5, comma 4, e 6, comma 6, del D.lgs 471 del 1997 (sanzioni tra loro cumulabili in progressione), oltre al recupero del minor credito spettante e, inoltre, contestando le indebite compensazioni effettuate negli anni successivi, applicando la sanzione di cui all’articolo 13, comma 5, del Dlgs 471/1997, e recuperando il credito utilizzato in compensazione.
Fermo restando il recupero del minor credito nell’ambito della contestazione per infedele dichiarazione, le compensazioni eseguite negli anni successivi assumono legittimità e non possono essere più contestate, ai sensi dell’articolo 13 del Dlgs 471/1997, né recuperate.
Le indebite compensazioni di crediti inesistenti e non spettanti, sembrano possano essere sanate tramite il ravvedimento operoso.
In merito qualche perplessità vi sarebbe circa il ravvedimento dell’ipotesi del credito inesistente, in quanto nelle ipotesi di condotta fraudolenta, secondo una circolare del 1998 (n. 180 del 10 luglio 1998), non sarebbe concesso il ravvedimento, non essendoci in questo caso “errori” od “omissioni” da correggere. La prassi operativa sembrerebbe tuttavia andare in una direzione diversa ammettendo il ravvedimento.
Quadro Normativo |
D.lgs n. 128 del 5 agosto 2015 Legge n. 205 del 27 dicembre 2017 Risoluzione Agenzia delle Entrate n. 68 del 9 giugno 2017 Risoluzione Agenzia delle Entrate n. 103 del 28 luglio 2017 |
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