Commercialisti, critici sulla norma che limita gli amministratori giudiziari
Pubblicato il 14 gennaio 2015
L'emendamento governativo al
disegno di legge Grasso sulla corruzione presentato in Commissione giustizia del Senato e relativo ai beni confiscati e sequestrati alle mafie non riscuote il successo dei dottori commercialisti, che ritengono la norma del tutto “
sbagliata”.
La denuncia arriva direttamente da Maria Luisa Campise, consigliere nazionale dei commercialisti delegata alla funzioni giudiziarie, che definisce la norma
“ammazza amministratori giudiziari”, dal momento che essa “
disincentiva i professionisti ad avvicinarsi ad un ruolo e a una funzione così determinanti per una gestione realmente efficace dei beni sequestrati alla malavita”.
Nello specifico, la parte dell’emendamento oggetto di critiche è quella che introduce nel Codice antimafia un nuovo comma che, con il fine di garantire una rotazione degli incarichi,
impedisce all'Amministratore giudiziario di gestire contemporaneamente più aziende sequestrate.
Secondo la Campise, tale limitazione disincentiva di fatto i professionisti qualificati a lavorare nel settore investendovi tempo, risorse umane e finanziarie.
Una rotazione dei professionisti nella gestione dei compendi sequestrati deve necessariamente essere assicurata - continua la Campise - ma tale valutazione deve essere rimessa al magistrato che conferisce l’incarico e che può benissimo regolarsi sulla base della previsione normativa che già esiste. Infatti, la contemporaneità di incarichi in capo allo stesso professionista deve essere il frutto di una valutazione effettuata dal magistrato al momento del sequestro.
La limitazione posta dall’emendemanto governativo potrebbe indurre i magistrati - una volta esaurita la platea di professionalità in grado di svolgere adeguatamente questa funzione, ad affidare gli incarichi a professionisti “
neofiti del settore”.
Albo amministratori giudiziari
Nel 2014, circa 10 mila amministratori giudiziari hanno versato 100 euro di quota per l'iscrizione al relativo Albo che di fatto non esiste.
A quattro anni dall'istituzione del suddetto Albo, si è di fronte ad un completa inerzia da parte del Governo, che a questo punto dovrebbe puntare ad una riforma organica del codice antimafia.