La scelta del contratto collettivo da applicare in azienda ricade tra le insindacabili decisioni del datore di lavoro e presenta notevoli implicazioni in termini di trattamenti economici e normativi minimi da assicurare ai lavoratori dipendenti. Inoltre incide in modo significativo, per esempio, nella regolamentazione dei sistemi di flessibilità interna o esterna adottabili dall’organizzazione stessa, come la possibilità di adottare sistemi e soluzioni per meglio articolare lo svolgimento delle prestazioni dei lavoratori ovvero garantire l’utilizzabilità dei contratti c.d. atipici.
I contratti collettivi, laddove applicati per vincolo di mandato ovvero per richiamo implicito o esplicito nel corso del rapporto di lavoro, agiscono, insieme alla legge, come fonte eteronoma rispetto ad un contratto di tipo civilistico e sono idonei a fissare, generalmente, la soglia minima dei trattamenti applicabili al rapporto stesso.
Con la sola eccezione prevista per le cooperative, tendenzialmente il datore di lavoro può scegliere qualsiasi contratto collettivo anche laddove questo sia totalmente incoerente con l’attività imprenditoriale, con concreti e diretti effetti sulla regolamentazione dei singoli rapporti di lavoro.
Ma nella scelta del contratto collettivo vi sono almeno due aspetti che andrebbero valutati. Quali sono?
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