Coefficiente di capitalizzazione del montante contributivo. I criteri spiegati dall’INPS

Pubblicato il 08 ottobre 2015

A seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 65/2015, convertito dalla Legge n. 109/2015 - recante disposizioni urgenti in materia di pensioni, di ammortizzatori sociali e di garanzie TFR - l’INPS, con la circolare n. 167 del 7 ottobre 2015, ha illustrato i nuovi criteri di determinazione del coefficiente di capitalizzazione del montante utile per quantificare le pensioni o le quote di pensione da calcolare con il sistema contributivo.

L’Istituto, dopo aver analizzato le modifiche legislative introdotte dal citato Decreto Legge, ha ricordato che il tasso annuo di capitalizzazione è dato dalla variazione media quinquennale del PIL nominale, appositamente calcolata dall’ISTAT, con riferimento al quinquennio precedente l'anno da rivalutare e che, con riferimento alle pensioni liquidate a decorrere da gennaio 2015, per il calcolo della quota contributiva della pensione, il coefficiente di rivalutazione del montante contributivo, determinato adottando il tasso annuo di capitalizzazione, non può essere inferiore a 1.

La legge prevede, inoltre, che la maggiore capitalizzazione riconosciuta nell’anno in cui la variazione media quinquennale del PIL sia risultata minore a uno, deve essere recuperata nell’anno successivo, applicando al coefficiente successivo il rapporto tra il coefficiente di capitalizzazione effettivo e l’unità.

In sede di prima applicazione, tuttavia, non si fa luogo al recupero sulle rivalutazioni successive di cui al medesimo periodo.

Pertanto, conclude la circolare, il coefficiente di capitalizzazione da utilizzare per la rivalutazione del montante nel 2016, considerata la clausola di salvaguardia in sede di prima applicazione, non subirà alcuna decurtazione; solo qualora si verifichi nuovamente una variazione quinquennale del PIL inferiore all’unità si procederebbe al recupero su una o più delle capitalizzazioni successive per le quali il coefficiente è maggiore di 1.

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