L’avvocato è tenuto ad esibire il Durc in caso di conferimento di incarico professionale o di liquidazione di compensi ad opera di pubbliche amministrazioni ed enti pubblici?
Sul quesito si è espresso il Consiglio Nazionale Forense con proprio parere, trasmesso ai presidenti degli Ordini territoriali il 19 novembre scorso.
Il CNF, in particolare, è contrario alla posizione che subordina i pagamenti e il conferimento dell’incarico professionale agli avvocati, all’esibizione dell’attestato di certificazione della regolarità contributiva.
Si tratta – si legge nel parere del Consiglio – di una posizione infondata ed errata, “in quanto i servizi legali sono espressamente indicati come settori esclusi dalle conferenti direttive europee in materia di appalti, ma anche, a ben vedere, dall’art. 17, comma 1. Lett. d), punto n. 1, del codice dei contratti pubblici, ed il conferimento del mandato professionale accede piuttosto ad un contratto d’opera professionale del tutto peculiare, avente come specifico oggetto una prestazione professionale tipica e riservata, e come tale basata sul principio fiduciario e sul cd. “intuitu personae”.
Proprio alla luce di queste ragioni, il Consiglio nazionale forense ricorda di aver impugnato, davanti al Tar del Lazio, le linee guida ANAC n. 12/2018, attivando un giudizio allo stato ancora pendente.
Ribadendo la propria posizione, quindi, il CNF ha sottolineato che il Durc è strumento di verifica dell’affidabilità contributiva delle imprese che forniscono lavori e/o servizi alle PA, ed è pertanto limitato nell’applicazione a tali soggetti, nel quadro delle conferenti norme in tema di contratti pubblici.
Esso, ciò posto, non dovrebbe essere esteso al di fuori di tale contesto soggettivo.
Da segnalare che, nei giorni scorsi, anche il ministero della Giustizia si è pronunciato sulla richiesta di regolarità contributiva quale requisito per il pagamento dei compensi agli avvocati da parte della PA.
Con nota del 16 novembre 2021, inoltrata al Comitato degli avvocati, il dipartimento per gli Affari di giustizia ha richiamato quanto evidenziato in una precedente nota del 2019, dove aveva specificato che il Durc va richiesto soltanto nei casi in cui il professionista non iscritto obbligatoriamente alle casse previdenziali gestite dall’INPS e dall’Inail ma a forme volontarie di previdenza, presti la sua opera intellettuale con l’ausilio di dipendenti.
Con riferimento specifico a Cassa Forense – si legge nella nota – la particolarità della normativa, la diversa natura dei contributi nonché le varie modalità di pagamento e il complesso meccanismo dell’efficacia dell’anno ai fini pensionistici, rendono impossibile da parte dell’ente la produzione e il rilascio di un certificato che abbia i contenuti e la validità del Durc.
Gli avvocati iscritti a Cassa Forense, in ogni caso, hanno diritto a ottenere una certificazione di regolarità contributiva che l’ente rende nel rispetto della informativa previdenziale forense, con contenuti analoghi a quelli previsti per il Durc.
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