Il divieto d’uso della posta elettronica certificata quale strumento di partecipazione agli atti processuali – come dettato dalla Legge n. 221/2012, di conversione del D.l. n. 179/2012 – è prescritto esclusivamente per gli atti che debbano essere personalmente e direttamente notificati all'imputato.
Non anche per quelli – come verificatosi nel caso di specie, di avviso di citazione dinanzi alla Corte d’Appello – che, sia pure indirizzati all'imputato e finalizzati a portare quest’ultimo a conoscenza di qualcosa, debbano essere notificati presso il suo difensore in qualità di domiciliatario.
E’ quanto ribadito dalla Corte di Cassazione, terza sezione penale, con sentenza n. 9357 del 27 febbraio 2017, respingendo il ricorso di un imputato per reati sessuali, che aveva dedotto la nullità del giudizio di appello in quanto celebrato in assenza di regolare vocatio in iudicium dell’imputato medesimo (stante la presunta nullità della notifica del decreto di citazione a giudizio in grado di appello, eseguita presso lo studio del difensore, nominato a mezzo Pec).
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