CIGS per Coronavirus, la contribuzione addizionale va versata

Pubblicato il 05 marzo 2020

Come noto, con il D.L. n. 9/2020, recante “misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”, entrato in vigore dal 2 marzo 2020, il governo ha adottato misure d’urgenza in materia di ammortizzatori sociali in favore dei Comuni della cd. "zona rossa". Nonostante l’accesso ai trattamenti di integrazione salariale sia concesso in maniera semplificata – ossia senza la fase di consultazione sindacale – le imprese che utilizzano la CIGS sono comunque tenute a versare la cd. “contribuzione addizionale”.

Sul punto, la Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, con la circolare n. 4 del 4 marzo 2020, ha analizzato i provvedimenti adottati con carattere di "specialità" nei territori colpiti dall'emergenza epidemiologica.

Integrazione salariale straordinaria, incongruenze sul contributo addizionale

L’attuale norma sugli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro prevede che chiunque faccia richiesta d’accesso alla CIGS deve versare un contributo addizionale del 9%, 12% o 15%, in funzione della durata dell’intervento di integrazione salariale.

L’addizionale non è dovuto, invece, dalle imprese che utilizzano la cassa integrazione ordinaria a tutela del coronavirus indipendentemente dalla loro collocazione geografica.

L’intervento del governo per fronteggiare l’espandersi del virus ha creato nella pratica diverse incongruenze. Infatti le aziende che, per le proprie caratteristiche contributive, hanno la possibilità di attivare la CIGO, non devono versare il contributo addizionale per gli interventi concessi per eventi oggettivamente non evitabili.

Nessun pagamento di contributo addizionale anche nel caso di utilizzo di cassa integrazione di deroga nelle zone rosse e gialle.

Diversamente ci sono importanti settori economici che, per le loro caratteristiche contributive, hanno esclusivamente una copertura CIGS, come ad esempio le aziende municipalizzate e le imprese di pulizia e vigilanza con oltre 15 dipendenti. In questi casi, le aziende possono attivare solo la CIGS per evento improvviso e imprevisto esterno alla gestione aziendale. Dunque, sebbene la causale si adatti bene alle condizioni del Coronavirus, non sussistono specifiche norme che escludono l’applicazione della contribuzione addizionale.

Coronavirus, Vademecum dei CdL sugli ammortizzatori sociali

Al riguardo, si segnala l’importante intervento della Fondazione Studi dei CdL (circolare n. 4 del 4 marzo 2020), con il quale vengono riepilogate le misure d’urgenza in materia di ammortizzatori sociali in favore di aziende operanti e dei lavoratori residenti nei Comuni in cui si sono registrati i primi casi di contagio da COVID-19.

Nel documento gli esperti della Fondazione Studi, oltre a individuare tutte le misure adottate, nonché i Comuni interessati dall’intervento, segnalano la possibilità per le aziende situate nei Comuni della cd. "zona rossa", che alla data del 23 febbraio 2020 avevano in corso un trattamento di integrazione salariale straordinario, di presentare domanda di cassa integrazione ordinaria per un periodo di durata comunque non superiore a tre mesi.

La concessione della CIGO, in tal caso, è espressamente subordinata all'interruzione degli effetti della concessione della CIGS precedentemente autorizzata.

Infine, specifiche disposizioni sono state previste anche per i lavoratori autonomi, purché iscritti all'assicurazione generale obbligatoria e alle forme esclusive e sostitutive della medesima, nonché alla gestione separata di cui all'art. 2, co. 26, della L. n. 335/1995. In tali casi è stabilita un’indennità mensile di 500 euro per un massimo di tre mesi, parametrata all'effettivo periodo di sospensione dell'attività.

Per l'ottenimento del beneficio è prevista una specifica domanda da presentare alla Regione competente che la istruisce secondo l’ordine cronologico di presentazione.

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