In risposta ad un'istanza di interpello presentato da una società italiana che aveva tassato per trasparenza, in applicazione della disciplina Cfc, il reddito di una propria controllata residente ad Hong Kong, l'Agenzia delle Entrate pubblica la risoluzione n. 112 dell'11 agosto 2017, con la quale esprime il proprio parere sull’ambito di applicazione dell’articolo 167, comma 6, del Tuir. In particolare il chiarimento reso nel documento di prassi è che: in caso di applicazione del regime Cfc, sono accreditabili in Italia non solo le imposte pagate dalla controllata estera nel proprio Stato di residenza, ma anche quelle assolte in altri Paesi.
Nello specifico, la direzione regionale dell’Agenzia si rivolge alla Direzione Centrale per sapere in relazione alle imposte pagate dalle stabili organizzazioni di imprese italiane in Paesi diversi da quello di localizzazione quale disposizioni applicare ai fini del calcolo dell'imposta sul reddito della Cfc.
La soluzione prospettata dall'istante è che – in analogia a quanto già espresso nella circolare n. 9 del 5 marzo 2015 - le imposte rilevanti ai fini del foreign tax credit sarebbero soltanto quelle pagate dalla Cfc nel proprio Stato di residenza o di localizzazione.
Nella risoluzione n. 112/E/2017, l'Agenzia delle Entrate, invece, dopo aver fatto una ricognizione della disciplina delle Cfc e dopo aver specificato che “i redditi della
Cfc sono considerati unitariamente a prescindere dal fatto che siano stati realizzati in più di uno Stato estero” conclude asserendo che: “le imposte estere accreditabili in Italia, in caso di imputazione per trasparenza dei redditi conseguiti dalla società controllata non residente ai sensi dell’articolo 167, comma 1, del Tuir, consistano non solo nelle imposte pagate dalla medesima nel proprio Stato di residenza, ma anche in quelle assolte in altri Paesi esteri, nella misura in cui le stesse siano rimaste effettivamente a carico della Cfc”.
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