La Corte di cassazione si è da ultimo pronunciata nell’ambito di una vicenda in cui una Spa era stata raggiunta da un avviso di accertamento con il quale l’Ufficio finanziario aveva accertato un’indebita detrazione dell'Iva.
Era stato rilevato che la società aveva detratto l'intero ammontare dell'Iva sugli acquisti, senza calcolare il pro rata per la cessione della partecipazione in altra società, dalla stessa fatturata in esenzione.
La contribuente si era opposta all’atto impositivo ma il relativo ricorso era stato rigettato sia in primo che in secondo grado; per questo motivo, aveva adito la Suprema corte, lamentando un’erronea assimilazione dell'assunzione di partecipazioni sociali con la loro cessione, nonostante il fatto che tale ultima attività non rientrasse nell'oggetto sociale della società.
Per la ricorrente, inoltre, ai fini dell'applicazione dell'art. 19-bis del DPR n. 633/1972, non assumeva rilievo il dato formale dell'attività indicata nello statuto come oggetto sociale, ma quello sostanziale, dovendo ossia farsi riferimento all'attività concretamente svolta.
Gli Ermellini, con ordinanza n. 5156 del 25 febbraio 2021, hanno giudicato fondato tale rilievo.
Nella loro decisione, i giudici di Piazza Cavour hanno dapprima sottolineato che l'attività di acquisizione di partecipazioni azionarie può costituire un'attività economica rilevante ai fini Iva ma solo entro certi limiti, ossia solo nel caso in cui la stessa venga svolta per realizzare un'interferenza diretta o indiretta nella gestione delle società di cui si è realizzata l'acquisizione di partecipazioni o quando essa costituisce il prolungamento diretto, permanente e necessario, dell'attività imponibile.
Ai fini della definizione della controversia in esame, dunque, si poneva la questione di stabilire se e in che misura potesse ritenersi che le attività di cessione delle partecipazioni azionarie potessero essere considerate, a loro volta, "prolungamento diretto permanente e necessario dell'attività imponibile", come ritenuto nella decisione impugnata.
Sul punto, la Cassazione ha evidenziato che l'attività di cessione delle partecipazioni azionarie conseguente all’attività di acquisizione delle medesime partecipazioni può essere ritenuta non occasionale solo laddove sia accertato che, a sua volta, questa ultima attività sia svolta per realizzare un'interferenza diretta o indiretta nella gestione delle società in cui si è realizzata l'acquisizione di partecipazioni, o quando costituisce il prolungamento diretto, permanente e necessario dell'attività imponibile.
Nel caso esaminato, i giudici di merito avevano valutato l'attività della società unicamente sulla base dell'esame dell'oggetto sociale, senza, tuttavia, verificare in concreto se l'operazione di acquisizione della partecipazione azionaria in esame fosse stata effettuata al fine di realizzare un'interferenza o se costituisse il prolungamento dell'attività imponibile: tale conclusione, ciò posto, risultava viziata “per non avere compiuto una corretta sussunzione della fattispecie nel paradigma normativo della previsione normativa in esame”.
Da qui l’enunciazione di apposito principio di diritto: “Le operazioni di cessione relative ad azioni o partecipazioni in una società non rientrano nella sfera di applicazione dell'Iva, salvo che sia accertato che sono state effettuate nell'ambito di un'attività commerciale di acquisizione di titoli per realizzare un'interferenza diretta o indiretta nella gestione delle società di cui si è realizzata l'acquisizione di partecipazioni o che costituiscono il prolungamento diretto, permanente e necessario, dell'attività imponibile”.
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