Cessione del quinto con tasso usurario: è nulla

Pubblicato il 07 marzo 2018

E’ stata confermata, dalla Cassazione, la decisione di merito con cui era stata accolta la domanda formulata dall’attore ai fini della declaratoria della nullità del contratto di finanziamento contro cessione del quinto della retribuzione, stipulato con una banca.

Usura presunta o concreta

In primo grado, il Tribunale aveva ritenuto configurabile la c.d. usura presunta, posto che il tasso pattuito, compresi i costi assicurativi, era superiore al tasso soglia per operazioni analoghe nel trimestre di riferimento. Era stata riconosciuta, in detto contesto, anche la c.d. usura concreta, sussistendo sia la sproporzione eccessiva tra i vantaggi del mutuante e quanto ricevuto dal mutuatario, sia la difficoltà economico finanziaria di quest'ultimo (posto che si trattava di una famiglia monoreddito con circa 20mila euro annui e precedente prestito).

La Corte d'Appello aveva confermato questa statuizione ritenendo che non vi fosse contraddittorietà fra il riconoscimento di usura presunta ed usura concreta, essendo identiche le conseguenze giuridiche ex articolo 1815 del Codice civile.

Rigettato il ricorso dell’istituto di credito: assicurazione inclusa nel conteggio

Contro questa sentenza aveva avanzato ricorso l’istituto di credito, dolendosi, tra gli altri motivi, che per quanto riguarda le spese di assicurazione sostenute dal debitore per ottenere il credito, conteggiate ai fini della valutazione della natura usuraria del finanziamento, la Corte di Appello non aveva tenuto in debita considerazione il fatto che la ricorrente non era destinataria del premio, né riceveva alcuna utilità dallo stesso.

Il TEG - a suo dire - nel periodo ante 2009, avrebbe incluso solo gli importi fissati contrattualmente a carico del cedente e remunerativi per il cessionario e non le garanzie del credito.

Sul punto la Cassazione – sentenza n. 5160 del 6 marzo 2018 – dopo aver sottolineato di non comprendere se le censure del ricorrente attenessero al capo della sentenza che aveva ritenuto sussistente l'usura c.d. presunta, ovvero si riferissero a quello che aveva ritenuto che, in alternativa, ricorresse comunque l'usura c.d. in concreto, ne ha evidenziato, in ogni caso, l’infondatezza.

Nel primo caso, andava considerato, infatti, che le spese per le assicurazioni o garanzie intese ad assicurare al creditore il rimborso totale o parziale del credito erano incluse nel conteggio del TEG, già prima del 2009 ove imposte dal creditore, a prescindere dalla circostanza che il medesimo creditore fosse o meno destinatario del premio, di tal che la relativa censura era da ritenere infondata.

Nella seconda ipotesi, la censura era, ad ogni modo, inammissibile “poiché del tutto irrilevante, posto che le spese assicurative non sono state considerate dalla Corte di Appello ai fini della valutazione sulla ricorrenza della usura in concreto”.

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