Nell'ordinanza 30 ottobre 2020, n. 24145, la Corte di Cassazione conferma il giudicato della Corte d'Appello di Catanzaro, secondo cui, anche in caso di cessione d'azienda, il lavoratore conserva il diritto alla percezione dell'elemento distinto della retribuzione previsto dal proprio contratto di lavoro.
Invero, l'art. 2112 del Codice Civile assicura ai dipendenti dell'imprenditore che trasferisce l'azienda o un suo ramo la garanzia della conservazione di tutti i diritti derivanti dal rapporto di lavoro con il cedente ed alla tutela circa i crediti già maturati dal lavoratore ed al rispetto dei trattamenti in vigore.
Nella fattispecie, la Corte di merito ha correttamente applicato il principio secondo cui il compenso forfettario della prestazione resa oltre l'orario normale di lavoro, accordato al lavoratore per lungo tempo, ove non sia correlato alla presumibile entità della prestazione straordinaria resa, assume funzione diversa da quella originaria divenendo un superminimo che entra a far parte della retribuzione ordinaria e non è riducibile unilateralmente dal datore di lavoro.
In tal senso, dunque, il compenso riconosciuto al lavoratore nel contratto individuale pacificamente erogato per tutta la durata del rapporto e fino all'avvenuto affitto dell'azienda spetta al lavoratore anche successivamente all'atto idoneo a mutare la titolarità del rapporto di lavoro.
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