Il nuovo DL Riaperture – Decreto legge n. 52/2021, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 22 aprile 2021 - ha disposto l’introduzione, sul territorio nazionale, delle cosiddette “certificazioni verdi Covid-19” (o Green pass), comprovanti, alternativamente:
Esse consentono, a chi ne è munito, lo spostamento tra regioni e province autonome in zona arancione o rossa.
La relativa disciplina è contenuta nell’art. 9 del Decreto, dove è anche specificato che le certificazioni di vaccinazione e di avvenuta guarigione avranno una validità di sei mesi mentre quella relativa al test risultato negativo sarà valida per 48 ore.
Nel successivo art. 13, il DL ha espressamente regolamentato anche le sanzioni applicabili in caso di false dichiarazioni o di falso impiego dei green pass.
E’ stato, in particolare, disposto che le condotte di falsità aventi ad oggetto le certificazioni verdi COVID-19 saranno penalmente sanzionate con la pena prevista per le corrispondenti fattispecie di cui agli articoli 476, 477, 479, 480, 481, 482, 489, e 491-bis, del Codice penale.
Le pene stabilite nei predetti articoli, così, si applicheranno alle condotte, aventi ad oggetto i green pass, di:
Nel frattempo, sulla norma che ha creato e disciplinato le certificazioni verdi giunge un avvertimento formale del Garante Privacy.
Secondo l’Autority, la nuova disposizione, se non opportunamente modificata, presenterebbe delle criticità tali da compromettere la validità e il funzionamento del sistema per la riapertura e gli spostamenti durante la pandemia Coronavirus.
Per questo il Garante ha segnalato al Governo la necessità di un intervento urgente a tutela dei diritti e delle libertà delle persone, offrendo la propria collaborazione per affrontare e superare le problematiche rilevate.
Per l’Autorità per la protezione dei dati personali, il Decreto riaperture non solo non garantirebbe una base normativa idonea per l’introduzione e l’utilizzo dei certificati verdi su scala nazionale, ma sarebbe gravemente incompleto in materia di protezione dei dati, in quanto “privo di una valutazione dei possibili rischi su larga scala per i diritti e le libertà personali”.
Inoltre, il provvedimento – si legge nel comunicato stampa del Garante del 23 aprile 2021 - non definirebbe con precisione le finalità per il trattamento dei dati sulla salute degli italiani, né specificherebbe chi è il titolare del trattamento dei dati, in violazione del principio di trasparenza e contrastando con quanto previsto dal Regolamento europeo in materia di protezione dei dati personali.
Sarebbe infine “eccessivo” l’utilizzo di dati sui certificati da esibire in caso di controllo, in violazione del principio di minimizzazione.
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