Censura per l'avvocato che utilizza, in pubblico, espressioni licenziose

Pubblicato il 28 settembre 2010
Con sentenza n. 20160 del 24 settembre 2010, le Sezioni unite civili di Cassazione hanno confermato la sanzione della censura impartita dal Consiglio dell'Ordine di Roma nei confronti di un avvocato che, all'interno della Cancelleria del Tribunale romano, si era rivolto ad un collega con espressioni licenziose che erano state ritenute contrastanti ai doveri di probità e decoro richiesti al professionista legale. 

Per il legale ricorrente, la vicenda era da considerare irrilevante sul piano deontologico anche in considerazione del fatto che si era, eventualmente, concretizzata una violazione di generica opportunità; inoltre, secondo l'avvocato il Collegio aveva omesso di considerare le circostanze in cui si era svolto l'episodio nonché l'occasionalità ed estermporaneità dello stesso. 

I giudici di legittimità hanno, tuttavia, precisato come l'accertamento compiuto dal giudice disciplinare in ordine alla materialità dei fatti contestati fosse insuscettibile di ulteriore valutazione, "essendo precluso alla Corte di cassazione il riesame dei fatti e delle risultanze istruttorie". In ogni caso, poi, la motivazione del giudice disciplinare – continua la Corte – era adeguata ed esente da vizi “avuto riguardo alla congrua esplicitazione delle ragioni del proprio convincimento in ordine alla responsabilità disciplinare dell'avvocato”.
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