In tema di contratto di opera professionale, la previsione di un termine di durata del rapporto non esclude, di per sé, la facoltà di recesso "ad nutum" previsto, a favore del cliente, dal primo comma dell'articolo 2237 del Codice civile.
Difatti, solo l'esistenza di un concreto contenuto del regolamento negoziale, che dimostri che le parti abbiano inteso, attraverso la previsione del termine, escludere la possibilità di scioglimento del contratto prima della scadenza pattuita, potrebbe giustificare un diverso esito.
La rinuncia al recesso, ossia, deve essere esplicitamente indicata nel contratto.
E’ questo il principio di diritto ribadito dalla Corte di cassazione nel testo dell’ordinanza n. 25668 del 15 ottobre 2018.
Il caso sottoposto all’esame dei giudici di legittimità, concerneva il recesso, da parte di un ente regionale, da un contratto di consulenza e conferimento di incarico di assistenza legale rinnovato in favore di un avvocato.
Il professionista, in particolare, contestava l'interpretazione resa dalla Corte di appello, secondo cui l’ente avrebbe potuto recedere liberamente dal contratto.
A suo parere, per contro, l'apposizione di un termine finale al contratto determinava, in modo vincolante, la durata del rapporto.
Assunto, questo, non ritenuto fondato dalla Corte di legittimità alla luce dell’orientamento sopra richiamato.
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