Case rurali in Catasto, ma mancano le tariffe d’estimo

Pubblicato il 01 settembre 2011 Una specifica disposizione del decreto Sviluppo, il Dl 70/2011, prevede che tutti i proprietari di fabbricati rurali dotati di rendita, di cui all'art. 9 del Dl n. 557 del 1993, possono richiedere una variazione catastale che consenta di classificare tali fabbricati rurali nelle categorie A/6 e D/10. La denuncia di variazione va presentata all’agenzia del Territorio entro il prossimo 30 settembre 2011.

Questo nuovo adempimento, che ha l'obiettivo di riaccatastare le case rurali vincolando la ruralità alla categoria catastale, costituisce una novità rispetto alla disposizione normativa precedente, secondo cui le case rurali erano escluse dall'imposta comunale.

Per ottemperare a tale compito, gli interessati devono delegare un tecnico professionista iscritto all’albo degli ingegneri, architetti, geometri,dottori agronomi e periti edili, agrari o agrotecnici, a presentare la denuncia di variazione, utilizzando un apposito programma (Docfa) fornito dall’amministrazione catastale.

Da un punto di vista tecnico, se la richiesta non incontra difficoltà nel caso dei fabbricati strumentali classificati nella categoria D10, la cui rendita viene fissata con stima diretta, diversa è la situazione che si presenta per le abitazioni rurali censite nelle categorie A/2, A/3, A/7. Per queste tipologie di abitazioni l’adempimento non può essere assolto pacificamente in quanto nella categoria A/6 (in cui devono essere ricondotte tutte le suddette tipologie di abitazioni) mancano le tariffe d’estimo proporzionali ai valori di mercato del biennio censuario 1988/1989 e, quindi, mancano le unità tipo di riferimento in grado di consentire il classamento per comparazione. Si ricorda, infatti che i valori della categoria A/6 non vengono aggiornati da anni.

A questo punto, il rischio è che proprio la mancanza delle tariffe d’estimo possa bloccare la razionalizzazione del classamento imposto dal Dl Sviluppo per i proprietari di fabbricati rurali.
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