Con sentenza n. 22489 depositata il 4 novembre 2015, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell'Agenzia delle entrate, avverso la pronuncia di annullamento di una cartella di pagamento, emessa nei confronti di un contribuente a seguito di controllo formale della dichiarazione dei redditi ex art. 36 ter D.p.r. 600/1973. Controllo che aveva condotto al mancato riconoscimento, da parte dell'Ufficio finanziario, di alcune somme portate in detrazione ed in deduzione di imposta.
In proposito, nel respingere le censure dell'Agenzia, la Cassazione ha ribadito le argomentazioni di secondo grado, circa la carenza di adeguata motivazione dell'atto impositivo impugnato.
La cartella di pagamento infatti – ha chiarito la Corte - deve essere preceduta, a pena di nullità, dalla comunicazione dell'esito del controllo ai sensi del menzionato art. 36 ter, che assolve una funzione di garanzia, ossia, garantisce la necessaria interlocuzione tra Amministrazione finanziaria e contribuente prima dell'iscrizione a ruolo.
E' lo stesso comma 4 art. 36 ter, d'altra parte, a prevedere che l'esito del controllo formale sia comunicato al contribuente o al sostituto di imposta, con indicazione dei motivi che hanno dato luogo a rettifica degli imponibili, delle imposte o ritenute alla fonte, per consentire anche la segnalazione (entro i 30 giorni successivi dalla comunicazione) di eventuali dati o elementi non presi in considerazione o valutati erroneamente in sede di controllo formale.
Ciò poichè la procedura di cui al citato art. 36 ter (diversamente da quella dell'art. 36 bis) si connota per l'effettuazione di controlli su documenti e dati esterni rispetto al contenuto cartolare della dichiarazione e non si risolve nel mero accertamento di quanto in essa riportato o nella correzione di errori od omissioni di calcolo.
Nella fattispecie in particolare – ha ribadito la Corte Suprema – dall'esame della cartella non è dato sapere quale sia stato l'iter logico – giuridico che abbia determinato l'Ufficio accertatore ad iscrivere a ruolo gli importi asseritamente dovuti dal contribuente; sicché non risulta sufficientemente integrato il requisito della motivazione degli atti impositivi.
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