Bonus impatriati, per i laureati conta il biennio all’estero

Pubblicato il 15 ottobre 2018

Un cittadino italiano in possesso di un titolo di laurea, iscritto all’AIRE, che ha lavorato all’estero per più di due anni e che per lo stesso periodo non è stato fiscalmente residente in Italia, può usufruire del regime agevolato per i lavoratori impatriati a condizione che trasferisca la propria residenza in Italia.

Questa la risposta n. 32/2018 offerta dall’Agenzia delle Entrate all’interpello avanzato da un cittadino italiano, che dal 2012 al maggio 2018 ha lavorato all’estero, con iscrizione all’Aire, e dal mese di giugno 2018 torna in Italia e si iscrive all’anagrafe della popolazione residente di un comune italiano.

Bonus impatriati anche per i laureati che tornano in Italia

L’istante chiede conferma della possibilità di fruire del regime speciale per lavoratori impatriati di cui all’articolo 16, del Dlgs n. 147 del 14 settembre 2015.

Il suo dubbio nasceva dal fatto che il comma 1 del citato articolo 16 prevede che i redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia dagli impatriati concorrano alla formazione del reddito complessivo nella misura del 50 per cento e tale agevolazione sia applicabile per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui il lavoratore trasferisce la residenza fiscale in Italia.

Il comma 2 dello stesso articolo 16 prevede, inoltre, che sono destinatari del beneficio anche i cittadini dell’Unione europea che:

1. sono in possesso di un titolo di laurea e hanno svolto continuativamente un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, o

2. hanno svolto continuativamente un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.

Periodo minimo coincidente con il biennio precedente il rientro

Per i suddetti soggetti, la norma non definisce quale debba essere il periodo minimo di residenza estera, requisito che invece è ben specificato per i casi previsti dal comma 1 dell’articolo 16, per i quali è richiesta una permanenza all’estero per i cinque periodi di imposta precedenti al trasferimento in Italia.

Di qui, il dubbio che ha indotto l’istante a richiedere un chiarimento ufficiale all’Amministrazione finanziaria.

L’Agenzia - nella risposta n. 32/2018 - ribadisce quanto già affermato con la risoluzione 51/E del 7 luglio 2018 ossia che: “considerato, tuttavia, che il comma 2 prevede un periodo minimo di lavoro all’estero di due anni, la scrivente ritiene che, per tali soggetti, la residenza all’estero per almeno due periodi d’imposta costituisca il periodo minimo sufficiente ad integrare il requisito della non residenza nel territorio dello Stato e a consentire, pertanto, l’accesso al regime agevolativo”.

Dunque, può beneficiare del regime di favore per gli impatriati il cittadino italiano che per i due periodi d'imposta antecedenti quello in cui si rende applicabile l'agevolazione, non deve essere iscritto nelle liste anagrafiche della popolazione residente e non deve aver avuto nel territorio italiano il centro principale dei suoi affari e interessi, né la dimora abituale.

Al verificarsi di tali presupposti, lo stesso può essere ammesso a fruire del regime agevolato dall’anno in cui acquisisce la residenza fiscale nel territorio dello Stato e per i quattro periodi d’imposta successivi in cui l’attività lavorativa sia svolta in via prevalente in Italia.

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