E’ trascrivibile in Italia l’atto di nascita di un bambino nato in Spagna da due madri, mediante procreazione medicalmente assistita. E’ ciò, sia perché la legge dell’altro paese lo consente, sia perché la regola secondo cui “è madre colei che ha partorito” di cui all'art. 269 c.c. non costituisce principio di rango costituzionale.
A stabilirlo la Corte di Cassazione, prima sezione civile, decidendo in ordine alla trascrivibilità nel nostro paese della nascita di un bambino nato in Spagna da due madri – una italiana e l’altra spagnola – al tempo unite legalmente in matrimonio, secondo la legge del paese di celebrazione. In particolare, una delle due madri aveva partorito il neonato, l’altra aveva invece donato gli ovuli necessari per la fecondazione assistita.
Secondo la Suprema Corte difatti – bocciando la tesi del Procuratore della Repubblica e del Ministero dell’Interno – è in tal caso errato sostenere la contrarietà all'ordine pubblico, posto che il giudice è tenuto soltanto a verificare se il certificato di nascita contrasti o meno con le esigenze di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo (come desumibili dalla Costituzione, dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, dalla Carta dei diritti fondamentali Ue).
Non conta dunque che la legge nazionale vieti l’ipotesi di un bambino nato tra due mamme mediante fecondazione assistita, rilevando piuttosto il prevalente interesse del minore a che gli sia garantita la continuità dello status di figlio legittimo.
D’altra parte – conclude la Corte con sentenza n. 19599 del 30 settembre 2016 – la presunta contrarietà ad ordine pubblico non è configurabile per il fatto che il bambino in questione sia nato con tecnica di procreazione non riconosciuta in Italia, posto che la Legge n. 40/2004 costituisce solo una delle possibili modalità di attuazione del potere legislativo in una materia, pur eticamente sensibile, per la quale le scelte legislative non sono costituzionalmente obbligate.
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