Con la legge di bilancio 2021 viene “rinnovato” il quadro delle agevolazioni previste per coloro che intendono investire in beni strumentali nuovi. Con l’articolo 1, commi 1051-1063 e 1065 della L. 178/2020, infatti, oltre alla proroga al 31 dicembre 2022 della disciplina del credito d’imposta, si apportano alcuni elementi di novità alla norma vigente (ex L.160/2019): si potenziano e diversificano le aliquote agevolative, si amplia l’ambito oggettivo includendovi anche i beni immateriali “ordinari” e viene prevista la possibilità, per i soggetti con un volume di ricavi/compensi inferiori a 5 milioni di euro, di utilizzare il credito d’imposta per i beni ordinari in compensazione in un’unica quota annuale.
Sul piano temporale, la decorrenza dell’innovata disciplina è “anticipata” al 16 novembre 2020. In particolare, la nuova agevolazione interessa gli investimenti in beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate in Italia effettuati dal 16 novembre 2020 al 31 dicembre 2022, ovvero entro il 30 giugno 2023 a condizione che entro il 31 dicembre 2022 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione.
Sul piano soggettivo, possono accedere al credito d'imposta tutte le imprese residenti in Italia (ivi incluse le stabili organizzazioni di soggetti non residenti), “indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico di appartenenza, dalla dimensione e dal regime fiscale di determinazione del reddito dell'impresa”. Quest’ultima locuzione, rinnovata rispetto al passato con il riferimento al “reddito dell'impresa” (utilizzata anche dalle disposizioni in materia di ricerca & sviluppo e innovazione), dovrebbe permette di superare la questione interpretativa riguardante le imprese agricole; con la nuova espressione della norma, quindi, possono accedere al beneficio anche le imprese agricole che svolgono attività rientranti nel reddito agrario.
Tra i beneficiari del credito d’imposta anche gli esercenti arti e professioni, ma con una limitazione: non possono fruire del beneficio in relazione agli investimenti “Industria 4.0” e, quindi, possono accedere solo al beneficio sui beni strumentali “ordinari”. Interessati dal credito d’imposta anche i contribuenti che adottano criteri forfettari di determinazione del reddito ovvero regimi di imposta sostitutivi.
Di converso, sono escluse dall’agevolazione le imprese in stato di crisi (ossia in liquidazione volontaria, fallimento, liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo, ecc..) nonché le imprese destinatarie di sanzioni interdittive derivanti dalla violazione delle norme sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (articolo 9, comma 2, Dlgs. 231/2001).
Per le imprese ammesse al credito d'imposta, la fruizione del beneficio è “condizionata” al rispetto della normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro ed al corretto adempimento degli obblighi di versamento dei contributi previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori. Tali condizioni sembrano riguardare anche gli esercenti arti e professioni in quanto la norma consente di applicare a detti soggetti, “alle stesse condizioni e negli stessi limiti”, il credito d’imposta.
La norma di cui all’articolo 1, comma 1053 della legge di bilancio 2021 stabilisce che, in generale, sono agevolabili gli investimenti in beni materiali e immateriali nuovi, strumentali all'esercizio d'impresa e destinati a strutture produttive ubicate in Italia. Rispetto alla norma precedente (ex L.160/2019), quindi, vengono inclusi nell’ambito oggettivo di applicazione del beneficio anche gli investimenti in beni immateriali diversi da quelli elencati nell’Allegato B alla L. 232/2016.
In pratica, si individuano le seguenti tre tipologie di investimenti agevolabili:
Al riguardo, si riprendono alcuni importanti concetti espressi nella circolare 4/E/2017:
Novità |
Gli investimenti devono riguardare beni materiali strumentali “nuovi”. Pertanto, l’agevolazione non spetta per gli investimenti in beni a qualunque titolo già utilizzati. Si segnala che può essere agevolabile in capo all’acquirente anche il bene che viene esposto in show room ed utilizzato esclusivamente dal rivenditore a scopo dimostrativo, in quanto l’esclusivo utilizzo del bene da parte del rivenditore ai soli fini dimostrativi non fa perdere al bene il requisito della novità. riguardo, poi, ai beni “complessi”, alla cui realizzazione abbiano concorso anche beni usati, si precisa che il requisito della “novità” sussiste in relazione all’intero bene, purché l’entità del costo relativo ai beni usati non sia prevalente rispetto al costo complessivamente sostenuto. |
Strumentalità |
I beni oggetto di investimento devono caratterizzarsi per il requisito della “strumentalità” rispetto all’attività esercitata dall’impresa. I beni, conseguentemente, devono essere di uso durevole ed atti ad essere impiegati come strumenti di produzione all’interno del processo produttivo dell’impresa. Sono, pertanto, esclusi i beni autonomamente destinati alla vendita (cd. beni merce), come pure quelli trasformati o assemblati per l’ottenimento di prodotti destinati alla vendita. Si ritengono ugualmente esclusi i materiali di consumo. |
Territorialità |
I beni oggetto dell’investimento devono appartenere a strutture aziendali ubicate in Italia. Non rileva che il bene sia stato prodotto da aziende italiane o straniere. |
Continuano ad essere esclusi dall’agevolazione gli investimenti concernenti:
La determinazione del “momento” di effettuazione degli investimenti - rilevante ai fini della spettanza del credito d’imposta - segue le regole generali della “competenza” (articolo 109, commi 1 e 2 del Tuir) e, pertanto, le spese di acquisizione dei beni si considerano sostenute:
Per le acquisizioni di beni con contratti di “leasing” rileva il momento in cui il bene viene consegnato, ossia entra nella disponibilità del locatario. Nel caso in cui il contratto di leasing preveda la clausola di prova a favore del locatario, ai fini dell’agevolazione diviene rilevante la dichiarazione di esito positivo del collaudo da parte dello stesso locatario. Rileva, ai fini della spettanza del beneficio in questione, la consegna del bene al locatario (o l’esito positivo del collaudo) e non il momento del riscatto. In altri termini, l’acquisizione in proprietà del bene a seguito di riscatto non configura per il contribuente un’autonoma ipotesi d’investimento agevolabile. Per i beni realizzati in economia, ai fini della determinazione del costo di acquisizione, rilevano i costi imputabili all’investimento sostenuti nel periodo agevolato, avuto riguardo ai criteri di competenza. Si tratta, ad esempio, dei costi concernenti: la progettazione dell’investimento; i materiali acquistati ovvero quelli prelevati dal magazzino, quando l’acquisto di tali materiali non sia stato effettuato in modo specifico per la realizzazione del bene; la mano d’opera diretta; gli ammortamenti dei beni strumentali impiegati nella realizzazione del bene; i costi industriali imputabili all’opera (stipendi dei tecnici, spese di mano d’opera, energia elettrica degli impianti, ecc..).
Infine, nell’ipotesi in cui l’investimento sia realizzato mediante un contratto di appalto, i relativi costi si considerano sostenuti dal committente alla data di ultimazione della prestazione ovvero, in caso di stati di avanzamento lavori, alla data in cui l’opera o porzione di essa, risulta verificata ed accettata dal committente: in quest’ultima ipotesi, sono agevolabili i corrispettivi liquidati nel periodo agevolato in base allo stato di avanzamento lavori (SAL), indipendentemente dalla durata infrannuale o ultrannuale del contratto.
Il credito d’imposta è riconosciuto in misura “differenziata” in relazione alla tipologia dei beni oggetto di investimento ed al momento di effettuazione dello stesso. In particolare, il beneficio spetta nella misura del 10% del costo sostenuto, alle imprese che effettuano investimenti:
Riguardo gli investimenti in beni materiali e immateriali "ordinari", il credito d'imposta è riconosciuto:
Il credito d'imposta in esame si applica alle stesse condizioni e negli stessi limiti anche agli investimenti effettuati dagli esercenti arti e professioni (articolo 1, comma 1061 della L. 178/2020).
In merito al “costo agevolabile” si rammenta che, stante la norma dell’articolo 110, comma 1, lett. b) del TUIR, si comprendono nel costo anche gli oneri accessori di diretta imputazione, esclusi gli interessi passivi e le spese generali.
Tuttavia, per i beni materiali e immateriali strumentali per l'esercizio dell'impresa si comprendono nel costo gli interessi passivi iscritti in bilancio ad aumento del costo stesso per effetto di disposizioni di legge. Nel costo di fabbricazione si possono aggiungere con gli stessi criteri anche i costi diversi da quelli direttamente imputabili al prodotto. Per gli investimenti effettuati mediante contratti di locazione finanziaria, si assume il costo sostenuto dal locatore per l’acquisto dei beni.
Investimento |
Periodo |
Beneficio |
Beni materiali |
dal 16.11.2020 al 31.12.2021, ovvero entro il 30 giugno 2022, alle condizioni previste |
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dal 1° gennaio 2022 al 31.12.2022, ovvero entro il 30 giugno 2023, alle condizioni previste |
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Beni immateriali |
dal 16.11.2020 al 31.12.2021, ovvero entro il 30 giugno 2022, alle condizioni previste |
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dal 1° gennaio 2022 al 31.12.2022, ovvero entro il 30 giugno 2023, alle condizioni previste |
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Per quanto riguarda, invece, gli investimenti in beni materiali "Industria 4.0" operano le seguenti distinzioni:
Investimento |
Periodo |
Credito d’imposta |
Beni ricompresi nell'allegato A alla L.232/2016 |
dal 16 novembre 2020 al 31 dicembre 2021, ovvero entro il 30 giugno 2022, a condizione che entro il 31.12.2021 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20% del costo |
il credito d'imposta è riconosciuto nella misura del:
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dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2022, ovvero entro il 30 giugno 2023, a condizione che entro il 31.12.2022 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20% del costo |
il credito d'imposta sia riconosciuto nella misura del:
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La nuova formulazione della norma prevede, quindi, una diversa modulazione delle aliquote.
Infine, per quanto riguarda gli investimenti aventi ad oggetto beni “immateriali” (software, sistemi e system integration, piattaforme e applicazioni) connessi a investimenti in beni “Industria 4.0” (ricompresi nell'allegato B alla legge di bilancio 2017 e successivamente integrato dalla legge di bilancio 2018) il credito d'imposta è riconosciuto nella misura del 20% del costo, nel limite massimo di costi ammissibili pari a 1 milione di euro. Anche per tali investimenti cambia la modulazione delle aliquote: la legge di bilancio 2020, prevedeva una diversa aliquota (15%, secondo la quota di investimenti), con limite massimo di 700.000 euro.
Restano agevolabili le spese per servizi sostenute in relazione all'utilizzo dei beni di cui all’ allegato B alla legge di bilancio 2017 mediante soluzioni di cloud computing, per la quota imputabile per competenza.
La norma del comma 1058 si esprime, infatti, come segue:
“Alle imprese che effettuano investimenti aventi ad oggetto beni compresi nell'allegato B annesso alla legge 11 dicembre 2016, n. 232, a decorrere dal 16 novembre 2020 e fino al 31 dicembre 2022, ovvero entro il 30 giugno 2023, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2022 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione, il credito d'imposta è riconosciuto nella misura del 20 per cento del costo, nel limite massimo di costi ammissibili pari a 1 milione di euro. Si considerano agevolabili anche le spese per servizi sostenute in relazione all'utilizzo dei beni di cui al predetto allegato B mediante soluzioni di cloud computing, per la quota imputabile per competenza”. |
Il credito d'imposta in esame è utilizzabile esclusivamente in compensazione (articolo 17 del Dlgs.241/1997) - senza necessità di preventiva presentazione della dichiarazione dei redditi - in tre quote annuali di pari importo (la legge di bilancio 2020 prevedeva l’utilizzo in cinque o tre quote), a decorrere dall'anno:
di entrata in funzione dei beni, per gli investimenti in beni materiali e immateriali diversi da quelli “Industria 4.0” (e non dall’anno successivo a quello di entrata in funzione dei beni);
di avvenuta interconnessione, per gli investimenti in beni materiali e immateriali “Industria 4.0” (e non dall'anno successivo a quello dell'avvenuta “interconnessione” di tali beni).
Sul punto - nel corso di Telefisco 2021 - i funzionari dell’Agenzia delle Entrate hanno precisato che la quota corrispondente ad un terzo del credito d’imposta maturato costituisce, per ciascuno dei tre periodi di imposta di utilizzo in compensazione, il limite massimo di fruibilità del credito. Pertanto, in caso di mancato utilizzo in tutto o in parte di tale importo nei predetti limiti, l'ammontare "residuo” potrà essere utilizzato nel corso dei periodi di imposta successivi, secondo le modalità proprie del credito.
Così, ad esempio, se a fronte di un credito d’imposta pari a 900 - da utilizzare in compensazione in tre quote di 300 nel 2021, 2022 e 2023 - l'impresa, nel corso del 2021, utilizzi il credito limitatamente a 250 per carenza di debiti fiscali e contributivi, sarà possibile utilizzare l'eccedenza di 50 (non utilizzata per incapienza nel 2021) “aggiungendola” alla quota di 300 di competenza del 2022.
Inoltre, per gli investimenti in beni strumentali effettuati dal 16 novembre 2020 al 31 dicembre 2021, il credito d’imposta spettante (per i beni materiali diversi da Industria 4.0) ai soggetti con un volume di ricavi o compensi inferiori a 5 milioni di euro è utilizzabile in compensazione in un’unica quota annuale.
Se l’interconnessione di beni materiali avviene in un periodo d'imposta successivo a quello della loro entrata in funzione, è comunque possibile iniziare a fruire del credito d'imposta per la parte spettante (comma 1059).
A tale credito d’imposta non si applica il limite generale di compensazione in F24 (700.000 euro, elevato a 1 milione per il solo 2020 dal D.L. n.34/2020) né il limite annuale di utilizzo dei crediti d’imposta da quadro RU (250.000 euro, art.1, comma 53 della L.244/2007); inoltre non è preclusa l’autocompensazione del credito in presenza di debiti iscritti a ruolo (articolo 31 del D.L. n. 78 del 2010).
Va, infine, sottolineato che il credito d'imposta:
A differenza della precedente versione, non è previsto che il credito d'imposta non possa formare oggetto di cessione o trasferimento neanche all'interno del consolidato fiscale.
La norma (al comma 1060 della L.178/2020), disciplina le conseguenze della cessione dei beni oggetto degli investimenti agevolati. In particolare, se entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di entrata in funzione o di interconnessione i beni agevolati:
il credito d'imposta è corrispondentemente ridotto escludendo dall'originaria base di calcolo il relativo costo. Così, nel caso di investimenti effettuati nel corso del 2021, i beni non devono essere venduti o destinati all’estero fino al 31.12.2023. Il maggior credito d'imposta eventualmente già utilizzato in compensazione deve essere “riversato” dal soggetto entro il termine per il versamento a saldo dell'imposta sui redditi dovuta per il periodo d'imposta in cui si verifichino le suddette ipotesi, senza applicazione di sanzioni e interessi.
In ogni caso si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 1, commi 35 e 36, della L. n. 205/2017, in materia di investimenti sostitutivi. Pertanto, se nel corso del periodo di fruizione dell'agevolazione si verifica il realizzo a titolo oneroso del bene agevolato, il credito d'imposta non è oggetto di rideterminazione purché nel medesimo periodo d’imposta, l’impresa:
Di conseguenza, la sostituzione non determina la revoca dell’agevolazione, a condizione che il bene nuovo abbia caratteristiche tecnologiche analoghe o superiori a quelle previste dall’allegato A alla legge n. 232/2016 e che siano soddisfatte le condizioni documentali richieste dalla legge per l’investimento originario.
Ove l’investimento sostitutivo sia di costo inferiore a quello del bene originario, ferme restando le altre condizioni oggettive e documentali richieste, il beneficio calcolato in origine deve essere ridotto in corrispondenza del minor costo agevolabile. Si rammenta che queste ultime disposizioni non trovano applicazione per i beni “ordinari” ma solo per quelli dell’allegato A alla legge n.232/2016.
Sono previsti precisi obblighi di conservazione documentale a carico dei beneficiari dell’agevolazione in esame, ai fini dei successivi controlli. In particolare, i soggetti che si avvalgono del credito d'imposta sono tenuti a conservare, pena la revoca del beneficio, la documentazione idonea a dimostrare l'effettivo sostenimento e la corretta determinazione dei costi agevolabili.
A tal fine, le fatture e gli altri documenti relativi all'acquisizione dei beni agevolati devono contenere "l'espresso riferimento alle disposizioni dei commi da 1054 a 1058" della L.178/2020. La mancanza di tale dicitura, secondo l'Agenzia, determina la revoca dell'agevolazione; è comunque possibile regolarizzare il documento già emesso (si rimanda, a tal fine, alle risposte degli interpelli n. 438 e 439 del 5.10.2020).
In relazione agli investimenti di cui agli allegati A e B della legge di bilancio 2017 (“Industria 4.0”), le imprese sono, inoltre, tenute a produrre una perizia “asseverata” (e non più semplice) rilasciata da un ingegnere o da un perito industriale iscritti nei rispettivi albi professionali o un attestato di conformità rilasciato da un ente di certificazione accreditato, da cui risulti che i beni possiedono caratteristiche tecniche tali da includerli negli elenchi di cui agli allegati A e B annessi alla legge n. 232/2016, e sono interconnessi al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura.
Per i beni di costo unitario di acquisizione non superiore a 300.000 euro, il suddetto onere documentale può essere adempiuto attraverso una dichiarazione resa dal legale rappresentante ai sensi del D.P.R. n. 445/2000. Qualora nell’ambito delle verifiche e dei controlli riguardanti gli investimenti agevolati si rendano necessarie valutazioni di ordine tecnico concernenti la qualificazione e la classificazione dei beni, l’Agenzia delle entrate può richiedere al Ministero dello sviluppo economico di esprimere il proprio parere.
Le imprese che si avvalgono delle suddette misure agevolative sono tenute ad effettuare una comunicazione al Ministero dello sviluppo economico. Nello specifico, la norma stabilisce che le imprese devono effettuare una comunicazione al Mise “al solo fine di consentire al Ministero (...) di acquisire le informazioni necessarie per valutare l’andamento, la diffusione e l’efficacia delle misure agevolative” legate a Industria 4.0. Sul punto, nella “Avvertenza” dello scorso 29 dicembre 2020 è stato precisato che:
«La comunicazione è funzionale esclusivamente all’acquisizione da parte del Ministero dello Sviluppo economico delle informazioni necessarie per valutare l’andamento, la diffusione e l’efficacia delle misure agevolative; in tal senso, è previsto che l’invio della comunicazione avvenga da parte delle imprese su base volontaria e in ottica collaborativa. |
In particolare, viene ribadito che “sia il diritto all’applicazione delle discipline agevolative e sia l’utilizzo in compensazione dei relativi crediti non sono in alcun modo subordinati al suddetto invio”. Pertanto, tale comunicazione, non incide in alcun modo sull’accesso al beneficio o sull’utilizzo del credito in compensazione. Ancora, come risulta dal sito web del Mise “è in corso di predisposizione l’apposito decreto direttoriale per l’indicazione del contenuto, delle modalità e della data, nel corso del 2021, a partire dalla quale le imprese potranno effettuare l’invio della comunicazione in questione”. Si attende, dunque, l’emanazione del decreto.
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