Incidenza del diritto sopravvenuto sul regime sanzionatorio: sussistono o vengono meno i presupposti per l'irrogazione di sanzioni in caso di modifica dei parametri per il riconoscimento del beneficio prima casa?
Alla domanda hanno dato risposta le Sezioni Unite della Corte di cassazione, con sentenza n. 13145 del 27 aprile 2022.
Le SS. UU., in particolare, sono state investite della questione relativa ai profili sanzionatori della dichiarazione mendace, sollevata nell'ambito del giudizio promosso da una contribuente contro un avviso di liquidazione con cui l'Agenzia delle Entrate aveva recuperato la maggiore Iva dovuta sull'acquisto di un immobile, rispetto al quale era stata fruita l'aliquota agevolata prima casa.
L'Amministrazione aveva proceduto con il predetto recupero assumendo che l'abitazione fosse da definire di lusso, in base ai parametri fissati dall'art. 6 del Dm del 2 agosto 1969, all'epoca applicabile, e che, conseguentemente, non potesse essere riconosciuto il beneficio per l'acquisto della prima casa. Contestualmente, aveva irrogato le conseguenti sanzioni.
Rispetto a tale ultimo profilo, le SU sono state interpellate dalla Sezione tributaria per la soluzione di uno dei motivi di ricorso della contribuente, col quale era denunciata violazione e falsa applicazione di legge, per mancata applicazione del principio del favor rei e conseguente mancata esclusione delle sanzioni irrogate.
A fondamento di tale rilievo, la ricorrente aveva dedotto che le caratteristiche assunte dal Dm del 1969 per la qualificazione dell'immobile di lusso non rilevavano più, per effetto della novella introdotta dall'art. 33 del D. Lgs. n. 175/2014, norma che ha rideterminato i criteri per la fruizione del beneficio prima casa.
La contribuente, ciò posto, aveva assunto che il trattamento sanzionatorio dovesse essere escluso, in ragione della sopravvenuta eliminazione dell'oggetto della dichiarazione, dovuta all'espunzione dei criteri stabiliti dal Dm del 1969.
La soluzione della questione, secondo il Massimo collegio di legittimità, andava ricercata applicando i principi che governano il microcosmo del diritto sanzionatorio, microcosmo con vocazione all'autonomia, al cui centro è posta l'infrazione, sanzionata con l'inflizione di svantaggi non immediatamente correlati alla soddisfazione dell'interesse pubblico pregiudicato.
Nel caso in esame, il precetto consisteva nell'obbligo di rendere la dichiarazione in ordine ai presupposti dell'agevolazione, con sanzionabilità della dichiarazione mendace.
A fronte della predetta infrazione - ha evidenziato la Cassazione - la sanzione è rimasta immutata.
E nella specie, non si discuteva dell'applicazione di un trattamento sanzionatorio mitigato e più favorevole ma dell'esclusione delle sanzioni.
Non rilevando, come detto, la mitigazione del trattamento sanzionatorio, non andava considerato il principio del favor rei, ma occorreva verificare se fosse configurabile un'abolitio crimnis, ossia se l'infrazione fosse stata o no abolita in esito alla modificazione della norma riguardante i presupposti oggettivi del riconoscimento del beneficio per l'acquisto della prima casa, dovendosi stabilire se l'intervento legislativo posteriore avesse alterato, anche mediatamente, il precetto e, quindi, avesse escluso la figura di infrazione scaturente dalla violazione di esso.
Orbene, per le Sezioni Unite di Cassazione non si è verificata nessuna abolito criminis: la dichiarazione era ed è rimasta mendace con la conseguenza che la sanzione in questione restava dovuta.
Da qui l'enunciazione del seguente principio di diritto: "In tema di agevolazioni per l’acquisto della prima casa, la modifica dei parametri ai quali ancorare i presupposti per il riconoscimento del beneficio, disposta, quanto all’Iva, dall’art. 33 del d.lgs. 21 novembre 2014, n. 175, non ha inciso retroattivamente e l’infrazione, costituita dalla dichiarazione mendace, della quale è soltanto cambiato l'oggetto, è rimasta immutata; ne consegue che non si è verificata alcuna abolitio criminis".
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