Bene trasferito per lavorazione. Non è cessione intracomunitaria
Pubblicato il 07 marzo 2014
La Ctp di Genova, chiamata a risolvere una controversia tra una società francese e l’agenzia delle Entrate, si rivolge alla
Corte di giustizia Ue per sapere come qualificare una cessione intracomunitaria da parte di un operatore comunitario che invia beni in Italia per il solo fine della trasformazione/assemblaggio per poi rispedirli, in un momento successivo, nello Stato membro di origine.
La Corte di giustizia Ue, nella
sentenza 6 marzo 2014, cause C-606/12 e C-607/12, specifica che non rileva l’acquisto intracomunitario dei beni nel caso in cui, al termine della lavorazione, il prodotto finito realizzato nel nostro Paese viene rispedito allo stesso soggetto passivo, che lo aveva inviato, e nel medesimo Stato di origine.
Nella fattispecie indicata dalla Ctp, dunque, il regime sospensivo previsto per i trasferimenti intracomunitari di beni effettuati a scopo di lavorazione risulta applicabile, dato che la condizione sottostante a tale regime è che, al termine della lavorazione, il bene sia rispedito nello Stato membro di origine e non altrove.
Pertanto, il trasferimento del bene in oggetto non deve essere qualificato come cessione intracomunitaria ai sensi dell'articolo 17, paragrafo 2, lettera f), della direttiva Iva
2006/112/Ce.
Conclusioni
Per la Corte Ue, il regime sospensivo di cui all’articolo 38, comma 5, lettera a) del Decreto legge n.
331/1993 è da considerare in contrasto con la disposizione comunitaria, nel caso in cui i beni oggetto di lavorazione in Italia sono successivamente trasportati o spediti al committente, soggetto passivo d'imposta, nello Stato membro di provenienza o, per suo conto, in altro Stato membro oppure anche fuori del territorio dell'Ue.
Ne deriva
la necessità di una modifica legislativa del Dl 331 con conseguente cambiamento della prassi agenziale espressa al riguardo nelle circolari nn. 13/1994 e 145/1998 o in altre successive risoluzioni riguardanti anche la compilazione dei modelli
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