Banca condannata a risarcire se sfrutta notizie riservate a suo vantaggio
Pubblicato il 14 luglio 2014
La Cassazione, con la
sentenza n. 15224 del 3 luglio 2014, ha confermato le conclusioni rese in sede di appello e con cui i giudici di secondo grado avevano riconosciuto la sussistenza di un collegamento causale tra
un'ingente e accelerata dismissione dei titoli di una società da parte delle banche azionarie e i
contestuali acquisti degli investitori a condizioni svantaggiate.
In particolare, era stata ravvisata la violazione dell'articolo 2, Legge n. 157/1991 nella condotta delle banche convenute che avevano venduto le azioni della società sopra riferita e di cui erano in possesso dopo avere appreso dal rapporto dell'Advisor che quest'ultima era in situazione sostanzialmente liquidatoria.
Doveri di correttezza e buona fede nell'ambito del pubblico risparmio
Nel testo della decisione in oggetto, la Suprema corte ha ricordato
come la previsione di cui all'articolo 2 richiamato, costituisca manifestazione dei doveri di correttezza e buona fede ben oltre la portata di singole operazioni negoziali, in coerenza con la propria funzione di garantire la correttezza dell'appello al pubblico risparmio.
Questa disposizione – continua la Corte - è idonea a fondare la
responsabilità di chi abbia sfruttato a proprio vantaggio la disponibilità di notizie riservate per i danni sofferti da tutti coloro che hanno operato sul mercato con riferimento a quei medesimi strumenti finanziari, seppur in posizione indipendente dal soggetto che ha utilizzato l'informazione riservata.