Nelle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, cosiddette società “chiuse”, le azioni proprie (emesse dalla stessa società) sono incluse nel computo ai fini sia del quorum costitutivo, sia del quorum deliberativo.
Questo, in forza di quanto disposto dal Decreto legislativo n. 224/2010 che ha modificato l’articolo 2357-ter, comma 2 del Codice civile.
E’ questo il principio di diritto enunciato dalla Cassazione, Prima sezione civile, con sentenza n. 23950 del 2 ottobre 2018.
Il dettato normativo vigente – ha spiegato la Suprema corte – è nel senso che, nelle società chiuse, le azioni proprie debbano essere conteggiate nel calcolo non dei soli quorum assembleari costitutivi, ma anche in quelli deliberativi.
Difatti, pure se, per questa tipologia di azioni, il voto è sospeso, l’articolo richiamato (precisamente al comma 2, seconda parte) ne sancisce, espressamente, la computabilità ai fini del calcolo delle maggioranze e delle quote richieste per la costituzione e per le deliberazioni dell’assemblea.
Sulla base di questi assunti, la Corte di legittimità ha respinto il ricorso promosso da una Spa contro la decisione di appello con la quale era stata annullata una deliberazione dell’assemblea ordinaria, assunta in seconda convocazione con il voto favorevole del 47% del capitale sociale, volta all’approvazione del bilancio d’esercizio e alla distribuzione degli utili conseguiti.
Gli Ermellini, in particolare, hanno sottolineato che per raggiungere la maggioranza necessaria per l’assunzione della deliberazione in oggetto, sarebbe occorso, nella specie, il voto favorevole di almeno la metà del capitale rappresentato dai soci intervenuti, ivi computate le azioni proprie.
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