Azione risarcitoria contro la p.a.: termini al vaglio della Consulta
Pubblicato il 18 settembre 2011
Il Tar della regione Sicilia, sede di Palermo, con ordinanza n.
1628 depositata lo scorso 7 settembre 2011, ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 30, comma 5, del Decreto legislativo n. 104/2010, relativo al termine di 120 giorni per proporre davanti al giudice amministrativo l'azione risarcitoria dopo che l'atto è stato annullato con sentenza passata in giudicato, per asserita violazione degli articoli 3, 24, 103 e 113 della Costituzione.
Secondo i giudici regionali, il rimedio risarcitorio è inscindibilmente legato, in relazione di complementarietà, a quello caducatorio; ed infatti, la tutela costituzionale dell'interesse legittimo è soddisfatta solo se il titolare può chiedere, oltre all'annullamento del provvedimento lesivo, il risarcimento per equivalente del danno che traguardi e completi gli effetti del giudicato di annullamento.
In questo contesto, la concentrazione dei rimedi in capo al giudice amministrativo è funzionale alla contrazione dei tempi processuali, ma – sottolinea il Tar -
“non può avvenire a condizione della introduzione di condizioni di accesso alla tutela assolutamente (e senza ragione) restrittive”.
Nella specie, la finalità stessa della previsione dello strumento risarcitorio accanto a quello caducatorio nel sistema di tutela dell'interesse legittimo, così come l'esigenza di pienezza ed effettività della tutela, viene palesemente contraddetta “
se l'attribuzione alla giurisdizione amministrativa della cognizione dell'azione risarcitoria comporta come contropartita l'introduzione di un regime che, derogando al diritto comune, comprime significativamente le condizioni per l'accesso al rimedio”.