Ai fini del licenziamento per motivi economici (cd. giustificato motivo oggettivo), non è sempre necessario che l’azienda evidenzi una reale crisi, e quindi una diminuzione del fatturato. Infatti, il datore di lavoro può ricorrere al licenziamento per GMO anche solo per aumentare l’efficienza della produzione e, dunque, il profitto. Infatti, l’art. 3 della L. n. 604/1966 stabilisce che è sufficiente il manifestarsi di una ragione inerente all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa. L’onere della prova, in tali casi, è chiaramente posto a carico del datore di lavoro.
C’è, però, una condizione fondamentale: la riorganizzazione aziendale deve essere reale; inoltre è necessario che proprio da quel riassetto organizzativo dell’azienda derivi la soppressione del posto del lavoratore estromesso. Tra l’altro, nulla può recriminare il lavoratore all’azienda se, quest’ultima, ad altri colleghi si limita a convertire il full in part time.
A stabilirlo è la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19302 del 18 luglio 2019.
Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo (in breve GMO) è strettamente correlato alle esigenze oggettive dell’azienda. Infatti, l’art. 3 della L. n. 604/1966 stabilisce che il licenziamento per GMO è determinato dalle ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa.
Gli estremi di identificazione della fattispecie sono:
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, il giustificato motivo oggettivo di licenziamento non può essere concepito, in quanto tale, senza il manifestarsi delle cd. ragioni economiche. Ad esempio, tra le ragioni economiche possono essere annoverate: l’andamento economico sfavorevole oppure l’andamento di riduzione dei costi.
Tuttavia, non solo situazioni economiche sfavorevoli possono legittimare il recesso datoriale per GMO, in quanto l’azienda ben può ridurre il personale anche quando non è in crisi ma solo per aumentare la produttività.
Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, dunque, è legittimo a condizione che la modifica organizzativa dell’impresa, posta a fondamento del recesso, non sia:
Pertanto, se il recesso viene motivato per crisi o spese straordinarie, e poi manca la relativa prova, il provvedimento risulta illegittimo, poiché le ragioni dichiarate sono pretestuose.
Dunque, a nulla rileva se l’azienda ha chiuso lo scorso anno il bilancio in positivo, con evidente riduzione delle passività. In tal contesto, inoltre, la scelta datoriale di convertire alcuni lavoratori da tempo pieno a tempo parziale, non può essere sindacata dal lavoratore licenziato, in quanto esiste la libertà imprenditoriale.
Per concludere, non conta se l’azienda in utile non integri una congiuntura sfavorevole, l’aspetto più rilevante è che dal licenziamento derivi un effettivo aumento della produzione e che la riorganizzazione sia reale.
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