Avvocato senza titolo: commette reato anche se non percepisce compenso
Pubblicato il 04 marzo 2015
E’ punibile ai sensi
dell’art. 348 c.p. chi esercita la professione di avvocato
in assenza di apposita abilitazione, pur se
non percepisce alcun guadagno.
E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, sesta sezione penale, con
sentenza n. 6467 depositata il 13 febbraio 2015, accogliendo parzialmente il ricorso presentato dall’imputato avverso la pronuncia con cui era stato condannato alla pena della reclusione ed al pagamento di una multa, per aver esercitato la professione forense in assenza di titolo di abilitazione.
La Cassazione, nel caso di specie, ha ritenuto infondate le doglianze sollevate dal ricorrente, circa l’assenza di prova in ordine all’esercizio continuativo, organizzato e sistematico dell’attività professionale, nonché, in ordine alla effettiva percezione del compenso.
Quanto alla prima censura, in particolare, la Corte ha rilevato come in realtà, dalla ricostruzione dei fatti, fosse emersa una certa continuità nello svolgimento di atti tipici ed esclusivi della professione forense, tale da ingenerare nel pubblico, la percezione di essere un soggetto regolarmente abilitato.
Pur tuttavia la Suprema Corte ha poi rilevato come la fattispecie di cui all’art. 348 c.p., essendo di
natura istantanea, non necessiti in realtà di un’attività organizzata e continuativa,
perfezionandosi anche con un solo atto tipico della professione abusivamente esercitata.
Né la mancata percezione di compensi produce
alcun effetto esimente sulla
inequivoca apprezzabilità penale della condotta tecnico-professionale posta in essere dall’imputato, atteso che, ponendosi il reato di cui all’art. 348 c.p. a tutela della pubblica amministrazione,
l’eventuale scopo di lucro non connota la lesione del bene protetto dalla norma incriminatrice.