Una sola indennità di maternità per l’avvocato-madre che eserciti anche la professione di insegnante scolastico part-time.
E’ la Corte di cassazione ad averlo ricordato, con l’ordinanza n. 515 depositata l’11 gennaio 2018.
Nella specie, i giudici di legittimità hanno respinto il ricorso promosso da un’avvocatessa avverso la decisione con cui, nel merito, era stata disattesa la sua pretesa di corresponsione, da parte di Cassa forense, dell’indennità di maternità, a seguito di un parto avvenuto nell’anno 2004, quando tale indennità le era già stata erogata dall’INPDAP, in virtù del rapporto di lavoro con il MIUR.
La Corte d’appello, in particolare, aveva sottolineato che il Decreto legislativo n. 151/2001, all’articolo 71, nel richiedere all’iscritta alla Cassa di dichiarare l’inesistenza di altro trattamento per maternità, implicasse “la impossibilità di un cumulo delle prestazioni e che la prestazione non potesse essere concessa alla lavoratrice che avesse percepito il trattamento da parte di altro Ente in virtù di altro rapporto di lavoro autonomo o dipendente”.
Conclusione, questa, condivisa dalla Suprema corte la quale, nell’ordinanza n. 515/2018, ha sottolineato come la formulazione della norma richiamata sia del tutto chiara ed univoca, non consentendo un’interpretazione diversa dall’impossibilità di godere del trattamento previsto dall’articolo 70 del medesimo Decreto richiamato, nel caso in cui la richiedente goda già di una prestazione di altro ente.
Diversamente opinando – ha evidenziato la Cassazione – “la disposizione sarebbe inutiliter data”.
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