I diritti di collazione degli scritti spettanti agli avvocati non costituiscono spese vive suscettibili di rimborso bensì un compenso professionale, come tale soggetto alle regole stabilite nel Decreto ministeriale n. 55/2014, e, quindi, da ritenersi ricompreso nella liquidazione delle spese operata dal giudice, per come del resto già evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità con ordinanza n. 19945/2015.
Questo, in ogni caso, a prescindere dalla configurabilità di tali competenze nel nuovo assetto stabilito a seguito dell’abrogazione delle tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico unitamente alle disposizioni che ad esse rinviavano per la determinazione del compenso del professionista.
E’ quanto precisato dai giudici di Cassazione nel testo della sentenza n. 13718, depositata il 31 maggio 2017.
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