Assonime, con la circolare n. 13 del 3 giugno 2019, illustra la disposizione contenuta nella Legge n. 145/2018 sulla norma concernente l’interpretazione degli atti agli effetti dell’imposta di registro.
La Legge di bilancio 2019, infatti, ha introdotto una modifica alla disciplina dell’imposta di registro, nella parte in cui prevede l’applicazione del tributo nella misura prevista per il tipo di atto presentato alla registrazione, prescindendo dal nomen iuris e dalla forma apparente dell’atto.
Nello specifico, è stata dichiarata la natura interpretativa della modifica apportata dalla Legge n. 205/2017 alla norma sull’interpretazione degli atti agli effetti dell’imposta di registro, ossia all’articolo 20 del Dpr n. 131/1986 (Testo Unico Imposta di Registro).
Secondo la nuova formulazione della modifica apportata all’articolo 20 TUR, si prevede che la qualificazione dell’atto ai fini dell’imposta di registro deve essere effettuata esclusivamente in base agli elementi contenuti nell’atto stesso e non anche ad elementi extra testuali, prescindendo, quindi, anche dall’esistenza di altri atti che si ritenessero ad esso collegati.
La citata modifica e la norma che ne ha stabilito la natura interpretativa, tuttavia, non risolvono tutte le fattispecie che sono emerse a seguito degli accertamenti con cui gli uffici hanno classificato alcune specifiche operazioni.
Di qui, l’intervento di Assonime per far chiarezza sulla corretta applicazione dell’imposta di registro e soprattutto sull’efficacia retroattiva della modifica all’articolo 20 Dpr n. 131/1986, operata dalla Legge n. 205/2017, come interpretato dall’articolo 1, comma 1084, della Legge n. 145/2018.
Alla luce di quanto detto, Assonime invoca l’applicazione di questa nuova formulazione dell’articolo 20 a tutte le vicende non definite per acquiescenza del contribuente o per passaggio in giudicato della sentenza che sia intervenuta in un contenzioso in materia.
L’Associazione, inoltre, nella circolare n. 13/2019, contesta anche la posizione assunta dall’Agenzia delle Entrate nella sua risposta ad interpello n. 13 del 29 gennaio 2019, con la quale ad una complessa operazione di riorganizzazione aziendale effettuata attraverso un’operazione di cessione e successiva fusione per incorporazione l’Agenzia riteneva corretta l’applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale.
Assonime non concorda con l’Amministrazione finanziaria, ritenendo che i due atti (cessione della partecipazione e successiva fusione) attengono a sfere di contribuenti diversi per cui gli stessi atti devono essere tassati con l’imposta di registro in misura fissa.
Secondo Assonime, infatti, non è legittimo considerare le due operazioni come un tutto unico e riqualificarle come un'unica cessione d’azienda, tassata con l’imposta di registro proporzionale.
L’auspicio dell’Associazione è che l’Agenzia delle Entrate intervenga con un provvedimento di prassi ad hoc per illustrare in modo specifico i principi in base ai quali gli uffici possono applicare la disciplina dell’abuso del diritto nell’imposta di registro.
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