Esteso il diritto al congedo straordinario ai figli dei soggetti disabili in situazione di gravità non conviventi al momento della presentazione della domanda di congedo. Infatti, il figlio che al momento della presentazione della domanda ancora non conviva con il genitore in situazione di disabilità grave ma che tale convivenza instauri successivamente, deve essere incluso tra i soggetti legittimati a godere del congedo di cui all’art. 42, co. 5, del D.Lgs n. 151/2001. Tale soggetto, tuttavia, potrà fruire del beneficio in parola solo in caso “di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti” di tutti gli altri familiari legittimati a richiedere il beneficio secondo l’ordine di priorità previsto dalla legge.
La notizia è stata veicolata dall’INPS, con la circolare n. 49 del 5 aprile 2019, recependo quanto disposto dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 232 del 7 dicembre 2018. Nel documento di prassi, l’Istituto Previdenziale interviene in materia di concessione del congedo straordinario per l’assistenza a familiari con disabilità grave, a modifica dell’ordine di priorità dei soggetti aventi diritto al beneficio che, partendo dal coniuge, degrada fino ai parenti e affini di terzo grado.
La sentenza n. 232/2018 della Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, co. 5, del D.Lgs n. 151/2001 “nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto, e alle condizioni stabilite dalla legge, il figlio che, al momento della presentazione della richiesta del congedo ancora non conviva con il genitore in situazione di disabilità grave ma che instauri (come detto) tale convivenza in seguito, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente, del padre e della madre, anche adottivi, dei figli conviventi, dei fratelli e delle sorelle conviventi, dei parenti o affini entro il terzo grado conviventi, legittimati a richiedere il beneficio in via prioritaria secondo l’ordine determinato dalla legge”.
Nel motivare tale decisione, la Corte ha chiarito che “il requisito della convivenza ex ante, inteso come criterio prioritario per l’identificazione dei beneficiari del congedo, pur rivelandosi idoneo a garantire in linea tendenziale il miglior interesse del disabile, non può considerarsi criterio indefettibile ed esclusivo, così da precludere al figlio, che intende convivere ex post, di adempiere in via sussidiaria e residuale i doveri di cura e di assistenza anche quando nessun altro familiare convivente, pur di grado più lontano, possa farsene carico”.
L’INPS, nel coordinare l’art. 42, co. 5 del D.Lgs. n. 151/2001 con la sentenza n. 232/2018 della Corte Costituzionale, stabilisce che è possibile usufruire del congedo in esame secondo il seguente ordine di priorità:
Ai fini della valutazione della spettanza del diritto al congedo in favore del figlio non convivente, il richiedente è tenuto a dichiarare nella domanda, sotto la propria responsabilità ai sensi dell’articolo 46 del D.P.R. n. 445/2000, che provvederà ad instaurare la convivenza con il familiare disabile in situazione di gravità entro l’inizio del periodo di congedo richiesto e a conservarla per tutta la durata dello stesso.
Per concludere, poiché la sentenza della Corte Costituzionale estende i suoi effetti esclusivamente ai rapporti non ancora esauriti a decorrere dal giorno della sua pubblicazione, le Strutture territoriali INPS dovranno riesaminare le richieste già pervenute relativamente ai rapporti non esauriti, intendendosi come tali quelle situazioni giuridiche per le quali non sia intervenuta sentenza passata in giudicato o estinzione del diritto per prescrizione.
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